Troppi danni da turismo di massa, speculazione e surriscaldamento Il rapporto dell’ente: “Così può partire la mobilitazione per salvarla”
PARIGI — Il conto alla rovescia è cominciato e non c’è più tempo da perdere. Venezia deve essere salvata e va inserita subito nella lista «patrimonio mondiale in pericolo ». È quello che chiede l’Unesco nel suo nuovo rapporto, anticipato da Repubblica. Gli esperti del Comitato del Patrimonio mondiale paventano «danni irreversibili» per «gli effetti del continuo deterioramento — scrivono nel documento anticipato ieri pomeriggio daRepubblica — dovuto all’intervento umano, compreso il continuo sviluppo urbanistico, gli impatti del cambiamento climatico e il turismo di massa».
L’iscrizione nella “danger list” era già stata chiesta due anni fa, evitata in extremis da alcune misure adottare in urgenza dal governo italiano, in particolare la decisione di vietare le grandi navi nel canale San Marco e la promessa di varare un ambizioso piano di conservazione della città lagunare. Se il divieto delle grandi navi è stato rispettato — ma scrive l’Unesco dovrebbe essere esteso sia geograficamente sia su altri modelli di imbarcazioni particolarmente inquinanti — il programma per salvare Venezia è rimasto un miraggio. Dal 2021 gli esperti dell’Unesco hanno scritto diverse lettere a Roma, chiedendo aggiornamenti sulle «misure correttive con un calendario per la loro attuazione». Le risposte sono ora giudicate insufficienti.
L’Unesco riconosce una serie di progressi fatti dalle autorità italiane. Ad esempio la decisione di smantellare il deposito di Gpl a Chioggia, le barriere di protezione dall’acqua alta per la basilica San Marco o la messa in funzione del sistema Mose, di cui però manca ancora — sottolinea il rapporto — un completo e dettagliato studio di impatto ambientale. D’altrocanto però sono pochi gli interventi per rimediare alle tante minacce che incombono su Venezia, dal turismo di massa su cui vengono registrati solo timidi rimedi, allo sviluppo urbanistico, con i tanti — troppi secondo l’Unesco — progetti di sviluppo urbanistico e infrastrutturale nella Serenissima, quasi sempre mirati all’accoglienza di più visitatori e il rischio di aumentare lo spopolamento in corso.
Tra i progetti su cui vigilare, scrive il rapporto, ci sono i lavori previsti per elevare l’isola di San Marco, la speculazione immobiliare sugli edifici storici sull’isola di San Pietro di Castello, la nuova linea ferroviaria verso l’aeroporto di Venezia, il nuovo terminal intermodale per le imbarcazioni veloci che collegano le isole di Burano-Mazzorbo- Torcello, le piattaforme di arrivo a Venezia a San Giuliano e Pili,e il progetto di costruzione di un grattacielo a Mestre. Anche se alcuni progetti di sviluppo sono previsti fuori dalla zona dichiarata “patrimonio mondiale” nel 1987, l’Unesco raccomanda ora al governo italiano la creazione di un perimetro di protezione più esteso, che comprenda alcune “zone cuscinetto” all’interno dell’area metropolitana, in modo da preservare l’intero ecosistema ambientale, culturale e sociale. A mancare nell’attuale gestione dell’emergenza a Venezia sono anche — sottolinea il documento — i nuovi parametri legati agli effetti del cambiamento climatico. Una minaccia a cui il capoluogo veneto è particolarmenteesposto. L’Unesco chiede dunque di “fermare tutti i nuovi progetti su larga scala” e di approvare “misure relative alla pianificazione, alla gestione e alla governance” per garantire un approccio di medio-lungo periodo condiviso tra i vari soggetti istituzionali. Per Venezia serve una «visione strategica comune per la conservazione» che non si vede all’orizzonte. Le conclusioni del rapporto sono severe: «Molti di questi problemi, non nuovi ma diventati ormai urgenti, rimangono irrisolti o affrontati solo temporaneamente ». Venezia corre un «pericolo accertato e potenziale». Ecco quindi motivata la richiesta dell’Unesco per la nuova, clamorosa iscrizione nella lista del Patrimonio Mondiale in Pericolo. Entrare nella “danger list”, precisa un portavoce dell’Unesco, non deve essere visto come una “sanzione” ma come un modo di accelerare la mobilitazione. La domanda degli esperti sarà adesso esaminata dal Comitato mondiale del Patrimonio composto da ventuno Stati in rappresentanza dei 194 che aderiscono alla convenzione. Il voto è previsto a settembre. E questa volta — data la lista e la complessità delle misure chieste — sarà difficile evitare il declassamento.