Il cristiano-democratico sarà cancelliere: coalizione con Spd e forse Verdi. “Esecutivo entro Pasqua” I neonazi raddoppiano i voti: sono il secondo partito del Paese al 20%. Trump: “Grande giornata”
BERLINO — In Germania hanno perso tutti tranne le ali estreme. In quattro anni l’Afd raddoppia i consensi, lo spazio occupato dai partiti tradizionali Cdu, Spd, Verdi e Fdp si rimpicciolisce e la sinistra radicale Linke si prende le praterie lasciate vuote dal generale spostamento a destra. Il risultato delle elezioni più importanti da decenni attesta anzitutto il fallimento del governo Scholz: la sua Spd precipita al 16,5%, il risultato peggiore dalla fondazione del partito socialdemocratico, un secolo e mezzo fa. E l’affluenza registra la più alta partecipazione al voto dalla Riunificazione del 1990: l’84%.
Il cancelliere del record triste mantiene la promessa e si fa da parte: Scholz non parteciperà ai negoziati per un nuovo governo. Che, visti i numeri, potrà solo mettere insieme una Grande coalizione Cdu/Csu e Spd, oppure un’alleanza cosiddetta “Kenya”, con la Cdu/Csu di Friedrich Merz, la Spd e i Verdi. Ieri sera il probabile nuovo cancelliere ha detto di essere «consapevole» della fatica di Sisifo che lo attende e ha promesso un esecutivo «al massimo entro Pasqua». Il leader Cdu ha anche risposto a muso duro alle pesanti ingerenze degli ultimi due mesi di Elon Musk e dei trumpiani a favore dell’Afd: «Per me la priorità assoluta sarà raggiungere l’indipendenza dagli Stati Uniti». Poco prima Donald Trump aveva twittato un generico «è una grande giornata per la Germania, e per gli Stati Uniti sotto la leadership di Donald Trump», perché «vincono i conservatori».
La Cdu/Csu di Merz doppia la Spd raggiungendo il 28,5% e mantiene una distanza di otto punti con l’Afd, che si attesta al 20,7%. Ma Merz vince male. Lo ammette un “merziano” di ferro come l’ex ministro Jens Spahn, che farà probabilmente anche parte del prossimo esecutivo: «Ci saremmo aspettati di più», confessa a Bild. L’erede di Angela Merkel resta al di sotto della soglia psicologica del 30% che gli avrebbe garantito una navigazione tranquilla, senza malumori interni. E le trattative per il nuovo governo – posto che Merz ha tassativamente escluso una coabitazione con l’Afd – partono piuttosto in salita.
Ci sono i dubbi nella Spd: dopo la cocente sconfitta, alcuni vorrebbero andare all’opposizione, e molti non si fidano di Merz, dopo il voto congiunto di fine gennaio con l’Afd. Ieri sera la capa dei socialdemocratici Saskia Esken ha puntualizzato che «non cadremo nella trappola» di un accordo a tutti i costi con la Cdu. E poi ci sono le ataviche incompatibilità tra i soci bavaresi di Merz, la Csu, che hanno sempre detto dinon voler fare alleanze con i Verdi. Anche ieri il capogruppo al Bundestag Alexander Dobrindt ha detto «non mi riesco a immaginare una coalizione» con il partito di Habeck. I Verdi sono precipitati all’11,8% e ieri sera Habeck ha detto che «la coalizione Kenya (Cdu- Spd-Verdi) è una possibilità, ma non penso che Merz la tenterà per prima».
Ma a Merz non restano molte alternative: per una Grande coalizione con la Spd non bastano i numeri, a meno che Sahra Wagenknecht non finisca sotto alla soglia di sbarramento del 5%. A tarda sera oscillavatra il 4,9 e il 5%. Sicuramente uno dei grandi sconfitti del voto è il leader dei liberali Christian Lindner: la Fdp si ferma al 4,5% e finisce fuori dal Bundestag per la seconda volta dal 1949. La prima volta era stato nel 2013, dopo quattro anni di governo con Merkel. A tarda sera, sia Lindner sia il suo vice Wolfgang Kubicki hanno annunciato che si ritirano del tutto dalla politica. L’altra carriera in bilico è quella di Sahra Wagenknecht, numero uno del partito leaderistico rossobruno che porta il suo nome, che nei giorni scorsi ha fatto capire chiaramente che dall’ingresso al Bundestag dipende la sua permanenza nella politica tedesca. Wagenknecht rischia di essere la meteora di questa stagione politica e sconta anche il boom della Linke, trainata dall’astro nascente della politica tedesca, Heidi Reichinnek e dalla delusione per la leader rossobruna. Data per morta dopo la scissione dei wagenknechtiani, la Linke ha incassato ieri l’8,7%. Un trionfo, rispetto ai pronostici, dovuto soprattutto all’entusiasmo tra i giovani: tra il 18-24enni è il primo partito con il 27% dei voti.