L’ANNIVERSARIO
Ma non solo: perché la vera rivoluzione del ragazzo che iniziò come tuttofare addetto a preparare il caffè ai grandi disegnatori sono stati soprattutto i superproblemi. Quelli della vita di tutti noi
«Per la maggior parte del tempo facevamo cancellare a Stan la matita dalle tavole inchiostrate o lo mandavamo a prendere i caffè», racconta Joe Simon, primo editor della Timely Comics, la casa di fumetti fondata da Martin Goodman da cui sarebbe poi nata la celeberrima Marvel, «quando non aveva nulla da fare se ne stava seduto in un angolo del reparto grafico suonando il suo flauto facendo impazzire Kirby. Jack gli urlava di smetterla ». Nel racconto di vari testimoni lo strumento varia: diventa un’ocarina o addirittura un fischietto. Di sicuro non è stato uno dei modi migliori per fare amicizia con Jack Kirby, uno dei massimi autori e disegnatori di fumetti della storia, arrivato a influenzare persino avanguardie artistiche come la Pop Art. Continua lo stesso Kirby: «Mi ricordo Stan seduto sul mio tavolo a suonare il flauto, intralciando il mio lavoro. Io prendevo molto sul serio quello su cui stavo lavorando mentre lui non era mai serio in niente».
Joe Simon ricorda anche di aver sentito spesso Kirby ringhiare frasi come: «Un giorno quel ragazzino lo ammazzo!». Se quel ragazzino fosse ancora vivo (è venuto a mancare nel novembre 2018), proprio oggi compirebbe 100 anni. E anche se questo inizio, che viene tratteggiato in una nuova, monumentale biografia (critica e criticata) a opera di Abraham Josephine Riesman, non sembrerebbe la classica celebrazione di un personaggio che ha cambiato l’immaginario non solo dell’America ma del mondo intero, in realtà è estremamente significativo del come e del perché Stan Lee sia riuscito a farlo, nonostante o forse addirittura grazie a tutte le controversie che hanno distinto dagli inizi fino agli ultimi anni la sua opera.
Cominciamo dal fatto più concreto: è stato Stan Lee a creare tutti o quantomeno la maggior parte dei personaggi a cui la Marvel deve la sua gloria come forse ancora oggi la maggior parte della gente crede? Non esattamente. Ma al tempo stesso è vero che se non ci fosse stato lui molto probabilmente le cose non sarebbero andate nello stesso modo. Allora dunque la maniera più corretta per ricordare “il sorridente” Stan Lee (così amava definirsi nelle prolusioni degli albi Marvel) non è farne un’agiografia ma raccontare pregi e difetti, verità e bugie. Un teorema che vale per tutti i “grandi” ma in particolare per lui perché se c’è una cosa su cui tutti, amici, nemici, critici ed esegeti concordano, è questa: è stato Stan Lee a creare, al di là dei singoli personaggi, la formula alla base dei supereroi moderni, quella che li ha resi così famosi a tutti le latitudini. Questa filosofia appare, come vera e propria teorizzazione in quello che diventerà il personaggio più famoso (e più venduto) dei fumetti Marvel, Spider-Man, che all’inizio non ha neanche una testata tutta sua, ma appare per la prima volta nel numero 15 diAmazing Fantasy nell’agosto del 1962. La storia è nota: Peter Parker è uno studente secchione preso in giro da tutti che viene morso da un ragno radioattivo durante un esperimento dal quale acquista i poteri. Diventato super- forte e super-agile si esibisce contro dei lottatori professionisti per guadagnare soldi, ma pur assistendo a una rapina non fa niente per bloccare il colpevole. Al poliziotto che gli dice che avrebbe potuto facilmente fargli uno sgambetto, il frustrato Parker risponde: «Scusa amico, ma questo è il tuo lavoro! Io sono stanco di ricevere ordini… d’ora in poi mi occuperò solo del numero uno, cioè di me stesso!». Ma sarà proprio colui che si è rifiutato di fermare che in un altro tentativo di rapina ucciderà l’amatissimo zio di Peter, Ben. In seguito Parker/Spider-Man lo catturerà ma il senso di colpa e il rimorso saranno sempre con lui. La storia si conclude con una vignetta che verrà più volte ripresa in modi diversi: l’Uomo Ragno (come si diceva allora in Italia) inquadrato di schiena mentre cammina di notte in mezzo ai grattacieli con questa epigrafe vergata dal “sorridente” (ma non troppo) Lee: «Una magra, silenziosa figura si perde nella notte, con la consapevolezza, infine, che da un grande potere derivano anche… grandi responsabilità! È nata così una leggenda, e un nome nuovo che si aggiunge all’elenco di coloro che rendono il regno della fantasia il più eccitante di tutti». Ecco: il regno della fantasia che però non è mai stato così reale. E allora, ritorna la domanda, chi è stato davvero Stan Lee? Prova a spiegarlo Marco M. Lupoi, direttore publishing di Panini Comics, forse il maggior conoscitore dell’universo Marvel in Italia: «Stan Lee è una personalità unica nella storia del fumetto, perché non è stato solo uno sceneggiatore, uno scrittore, un editor, ma colui che ha creato un universo interconnesso di dimensioni mai viste fino ad allora, e mai eguagliate, introducendo nei comics un modo di rappresentare il mondo, di interagire con i lettori e di restare connesso con l’attualità: un “Marvel Style” che ha cambiato la storia».
Per chi vuole andare a fondo, Panini ha da poco pubblicato un volume imperdibile: Stan Lee — L’uomo delle meraviglie in cui è possibile leggere le primissime storie dei personaggi co-creati da Stan Lee come I Fantastici Quattro (insieme a Kirby, 1961),Spider-Man (insieme a Steve Ditko, 1962) e poi Thor, Hulk, Iron Man(1962) e gli Avengers (1963) sempre con Kirby. Come faceva? Lo racconta Igort, autore, disegnatore e direttore diLinus, che a Stan Lee dedica il numero in edicola: «Stan inventa un sistema che gli consente di creare dando un’idea grezza al disegnatore che così non deve eseguire pedissequamente le istruzioni dello sceneggiatore. Poi lui avrebbe verificato la scansione narrativa, scritto o riscritto i dialoghi, modificato le parti meno convincenti creando così quel mix in cui umorismo, umanità e azione si amalgamavano perfettamente ». Spiega ancora Lupoi: «Tra le cose che Stan ha introdotto nei comics, per me la più importante è la capacità di raccontare le storie di uomini che sono dei e di dei che sono uomini. Il suo tocco umano colora l’universo Marvel, e ne sarà sempre la caratteristica più importante » .
Tutto dunque viene da lì, dai “supereroi con superproblemi”. Una lezione che da quel momento verrà declinata in mille modi nei fumetti a venire. Cambiando per sempre l’immaginario e non solo: contribuendo a rendere il mondo un posto più bello e più gentile.