Crosby, Stills, Nash & Young – 04 – Helpless (by EarpJohn)
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13 Novembre 2022di Franco Camarlinghi
«La fedeltà è come la coerenza intellettuale: una semplice confessione di fallimento». Chi meglio di Oscar Wilde e del suo famoso aforisma nel Ritratto di Dorian Gray potrebbe definire il modo di pensare e di essere della classe politica italiana contemporanea (di destra o di sinistra che dir si voglia), ancorché fra di essa non abbondino né incalliti libertini né, tantomeno, spregiudicati frequentatori di testi filosofici, in continua ricerca della verità. La verifica la possiamo trovare proprio in questi giorni sulle rive dell’Arno, considerando i «passaggi», all’indomani delle elezioni politiche, dal Pd al partito di Matteo Renzi. La vicepresidente del Consiglio comunale Barbara Falleca lascia il partito che l’ha eletta, ma per ora si guarda bene dal lasciare la posizione in cui lo stesso partito l’aveva designata. La stessa cosa, ma con maggiore clamore e rilevanza politica, fa il sindaco di Bagno a Ripoli Francesco Casini che, oltre l’incarico di primo cittadino di un’importante comune, svolge funzioni significative nella Città metropolitana. Forse, i nostri due eroi hanno letto Oscar e si sono convinti che il fallimento è dietro l’angolo se uno o una non cambia partner almeno una volta nella vita o, peggio ancora, rimane sempre della stessa opinione (questo l’hanno detto anche altri grandi, a cominciare da Winston Churchill).
C’è un però nelle considerazioni semiserie fatte sopra.
Un sindaco eletto direttamente dai cittadini non è Dorian Gray e non ha un quadro in cui accumulare le sue contraddizioni, mentre lui stesso resta vergine. Di sicuro non ha legalmente vincoli di mandato: può cambiare partito in nome di una personale coerenza intellettuale, non deve essere fedele a una forza politica come usava prima, soprattutto in una regione dominata da una sinistra a sua volta dominata elettoralmente dal Pci. Tutto legittimo, si dirà: sì, meno un qualcosa che rischiamo di dimenticare e che, al minimo, riguarda un senso di opportunità assai pesante. Il sindaco viene eletto direttamente e in gran parte il voto che ottiene deriva dall’indicazione di un partito: nel caso di Casini si tratta del Pd, cioè di elettori che aderivano alle scelte dei democratici. Il sindaco nel corso degli anni ha maturato nuove convinzioni e intende evitare il fallimento indicato dalla citazione iniziale di questo scritto. Tutto bene, ma ancora meglio se salvaguardasse la propria libertà di cambiare opinione, senza dare per scontato che i cittadini che direttamente lo hanno eletto siano d’accordo, senza che facciano invece un pensierino su un abituale trasformismo all’italiana.
D’altra parte, bisogna considerare che questi primi fatti rilevanti di tensione politica nella sinistra toscana sono il frutto delle condizioni disastrose in cui è piombato il Pd dopo il 25 settembre, ma in Toscana c’è qualcosa di più che va considerato: è la regione dove Renzi può tentare di ottenere risultati maggiori che altrove. Per questo fatti che possono sembrare semplicemente locali possono invece assumere un valore politico nazionale. Bisogna capire che quello che sta succedendo è tutto riferito a come condizionare, da una parte o dall’altra, il destino del Pd, cinico e baro di sicuro, ma anche nel prossimo futuro con un contenuto di voti che in una direzione o in un’altra dovrà andare.
Renzi lavora per la sua Italia Viva, ma vuole condizionare anche ciò che avviene all’interno del partito che una volta fu suo e in tale senso acquista un ruolo decisivo, ben al di là dei confini locali, quello che potrà succedere nella regione in cui è iniziata l’avventura dell’ex sindaco di Firenze. Del resto, non c’è altro luogo in Italia in cui Renzi possa pensare di unire alla sua indubbia capacità manovriera una base di consensi di un certo rilievo, come si è già dimostrato con Stefania Saccardi nel collegio fiorentino alle ultime elezioni politiche: ed è per questo che sullo sfondo si agita l’ombra delle elezioni regionali, seppure lontane. Si spiega così l’insolito attivismo locale di un leader che a ogni piè sospinto fa valere la considerazione internazionale che gli dedica il mondo. Forse anche Wilde sorriderebbe al pensiero che chi quotidianamente dice di interloquire con i grandi della terra, poi se la prende con Dario Nardella (suo ex delfino per Palazzo Vecchio) per le multe, oppure corre a guidare le trattative con l’onesto Eugenio Giani per quanto riguarda la maggioranza in Regione.
In particolare, salta agli occhi il contenzioso sulle nomine al Corecom: una cosa che certamente fa tremare le vene e i polsi alle masse, ammesso che qualcuno abbia un qualsiasi interesse a sapere di che si tratta!
Come si vede, allo stato dell’arte il quadro della politica, anche in Toscana, appare incerto e confuso e non si sa bene di chi sia il ritratto. L’importante per gli eventuali antichi o aspiranti protagonisti è rileggere (o leggere) il capolavoro dello scrittore irlandese ed evitare la fine di Dorian Gray.
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