Lucia Annunziata
«Giorgia Meloni deve ragionare sulla Santanchè». Attenzione, è il titolo della rubrica delle lettere di Mario Giordano su La Verità di ieri, pagina 22. La lettera cui risponde è contro Il Domani e il suo editore De Benedetti, e in difesa della Santanchè. Il giornalista non si fa pregare in merito all’attacco al quotidiano, ma, esaurito questo compito, cambia tono: «Detto questo, però, per onestà, le confesso che mi sto interrogando su quanto sia stata davvero efficace la difesa in aula di Daniela Santanchè. E penso che Giorgia Meloni debba seriamente pensare al futuro del governo e del centrodestra, non a quello di una singola persona, chiunque essa sia. In passato abbiamo chiesto (e ottenuto) dimissioni di ministri per il mancato pagamento di un’Imu (do you remember Josefa Idem?). Sarebbe autolesionista, ora, inchiodare l’azione dell’intero esecutivo in un estenuante tiramolla sul caso Visibilia. Se nei prossimi giorni, le nubi saranno spazzate e si potrà tornare a navigare spediti, come il Paese necessita, bene. Altrimenti…». Altrimenti, cosa?
Un giornalista usualmente tagliente, anche questa volta a dispetto del tono calmo, arriva chirurgicamente all’osso. C’è aria di freddezza nel governo sul caso Visibilia. Palpabile nella seduta in cui la titolare del dicastero del Turismo si è difesa in Aula. Volti dei ministri glaciali, un solo debole applauso, muto il garantismo dell’ala centrista. Poche ore dopo, il raddoppio del disagio con l’apertura di un nuovo caso, l’imputazione coatta del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Chigi risponde con la tattica che abbiamo imparato a conoscere molto bene, ribaltare ogni accusa su supposte scorrettezze di una opposizione aperta o occulta: in questo caso quella, che sarebbe altamente discutibile come ruolo, dei giudici. E che porta direttamente il pensiero alla figura che in queste ore domina le emozioni del centrodestra. Silvio Berlusconi.
Ma l’uscita del premier suona vuota, forse perché troppo usata. Questa è una donna che ha girato a suo favore la sua primissima crisi, nata proprio da Silvio, che aveva provato a scalfire la sua forza ancora prima che arrivasse nell’ufficio dalle tappezzerie gialle di Chigi. Allora lei rispose: «Io non sono ricattabile». Frase culto. Che divenne subito un programma: Meloni Presidente del Consiglio era dalla parte della legalità, erede di quell’area di destra, di cui l’Msi aveva fatto da orgoglioso battistrada, che si è sempre posto a difesa dei giudici e che semmai – come ricordava ieri su questa stessa testata Marcello Sorgi – poteva essere accusata di essere “manettara” più che garantista.
L’attacco ai giudici non regge proprio perché molti di coloro che oggi dovrebbero garantire la difesa del ministro sono i primi a ricordare tutte le volte che sono stati in piedi in quell’aula a chiedere dimissioni per altri politici, inclusi alcuni della Lega e anche di Forza Italia – ricordate anche l’opposizione di Giorgia Meloni all’entrata nel governo del leghista Siri?
Insomma, la donna del «io non sono ricattabile» può oggi sostenere con serenità l’idea del «io non lo sono ma qualcuno del mio governo può esserlo»? Proprio perché qui si parla di giustizia, di giudici, della partita per eccellenza della politica italiana da qualche decennio, si può portare avanti l’idea di tollerare, poi, un mezzo pasticcio?
La verità è che mettendo in dubbio la buona fede dei giudici, il significato dello scontro si è alzato, e l’uscita dall’affair Santanchè è diventata più pesante – un rimpasto di governo. E non un rimpastino, considerando i ruoli di due personaggi coinvolti. Un ministro di primissimo incarico e un sottosegretario proprio alla Giustizia. Sarebbe una mossa giusta, vincente. Ma anche il segnale di una fase finita, quella del monolitismo, della difesa a testuggine che finora è stato il principale e unico metodo di difesa di FdI. E qualcosa di più: il concetto che l’asse del governo sta slittando verso un nuovo posizionamento, sempre più verso il centro.
In merito tocca chiamare nella foto che raccontiamo la presenza sempre più rilevante dell’Europa nelle decisioni Italiane. Basti qui ricordare il “doppio” corpo politico che il presidente del Consiglio ha inventato: allineati in Europa e radicali a casa. Uno schema che ha funzionato finora, e sostanzialmente efficace. Ritardi su Pnrr, e qualche scortesia, Mes; ma che in Europa l’asse del governo passi per il centro Meloni non l’ha mai messo in discussione.
Una linea che col tempo si è rinsaldata. La presa di distanza dai Paesi Visegrad, la Polonia ad esempio. Una distanza non sanata da una passeggiata in un bel parco con Mateusz Morawiecki.
Significativo anche il regolamento di conti con Salvini per chiarire chi stia con chi. Parliamo dell’invito a Roma fatto dal leader leghista a Marine Le Pen. Un appuntamento innocente, nella realtà una imboscata. Le foto dell’incontro inevitabile tra le due leader, magari all’insegna di tutti quei baci con cui oggi si salutano (“all’italiana”, si dice nel gergo internazionale) i leader politici di tutto il mondo, sarebbe stata la foto sulle prime pagine internazionali: Marine e Giorgia, le due leader antiEuropa! Persino la Cina sul Global Times non avrebbe perso l’occasione. Non sappiamo come, ma la Le Pen ha poi deciso di ricorrere a Zoom invece di venire a Roma e se si è trattato di un sovraffollamento dell’agenda, mai un’agenda fu più opportunamente piena. Una circostanza che ha reso Giorgia certamente ancora più apprezzata agli occhi (verdi) di falco con cui Von Der Leyen sorveglia il suo dominio Europeo.
L’episodio opportunamente ha coinciso anche con la presa di distanza fra Salvini e Forza Italia. Il primo che annunciava «In Europa tutti insieme a destra, nessuno escluso», e Tajani che rispondeva «Non ci saranno alleanze con la destra estrema».
Tutte cronache, come si vede, degli ultimi giorni, in cui la politica nazionale legge e sente gli umori continentali. E il processo trova poi una ricaduta, sempre più spesso, dentro Chigi. Il governo di Giorgia Meloni è sempre più inclinato al centro. Un governo che spesso urla, ma che in pratica è sempre più cauto sul suo futuro.