Salario minimo verso il rinvio la resa dei conti domani in aula
26 Luglio 2023Per salvarsi dal crac Santanchè dovrà versare 90mila euro al mese
26 Luglio 2023Il nostro patrimonio edile (pubblico e privato) è il più vetusto d’Europa, produce il 35% di tutte le emissioni di CO2 e consuma energia pari al 40% dell’intera capacità nazionale. Se vogliamo veramente affrontare l’emergenza ambientale, sempre più emergenza climatica, sanitaria e sociale, dobbiamo partire da qui. Lo sa bene l’Onu con la sua Agenda per lo sviluppo sostenibile e l’Ue che, all’interno del New Green Deal, dedica una delle più importanti direttive proprio all’obiettivo, entro il 2030 e 2033, di avere tutti gli edifici pubblici e privati almeno in classe energetica D.
LO SANNO BENE ANCHE i lavoratori dell’edilizia e dei materiali, consapevoli che il futuro non è nel consumo di ulteriore suolo (abbiamo visto con i cambiamenti climatici cosa hanno voluto dire impermeabilizzazione eccessiva e mancanza di manutenzione del territorio), ma nel rammendo urbano, nella rigenerazione fisica e sociale dei quartieri, nella cura delle coste, boschi, montagne. Un nuovo modello produttivo e di consumi collettivi che necessità di più lavoro di qualità, più professionalità e di un nuovo «ruolo sociale» del lavoratore edile, operaio, impiegato o tecnico che sia.
UNA «PICCOLA RIVOLUZIONE» politica, sindacale e culturale: così la Fillea Cgil ha scritto nel Manifesto approvato il 15 giugno scorso dall’Assemblea Nazionale dal titolo esplicito “Rigeneriamo la Città, Rigeneriamo il Lavoro, Rigeneriamo la Democrazia”.
La stessa democrazia è, infatti, sempre di più un guscio vuoto e milioni di uomini e donne rischiano di essere spettatori passivi della propria sorte, tra solitudine, rassegnazione, paura, rabbia. Vittime delle scelte irresponsabili di pochi e della convinzione che non vi siano alternative possibili da organizzare, rivendicare e praticare. Eppure la tecnologia, le scienze, le risorse materiali, culturali e spirituali non mancano per impedire tutto ciò e per costruire modelli produttivi, sociali, politici in grado di “liberare” il lavoro dai suoi carichi eccessivi, da forme di alienazione e abbrutimento, facendo di più con meno tempo e sforzo, e così portare l’umanità in un nuovo “Rinascimento”.
CON QUESTA CONSAPEVOLEZZA la Fillea Cgil vuole dare il proprio contributo, convinta che il settore delle costruzioni, il mondo del lavoro che rappresenta, una parte stessa del sistema imprenditoriale di nuova generazione e dei professionisti e tecnici, sono oggi più di ieri al centro di questa sfida. Per questo proponiamo nel “manifesto” cinque azioni per la giusta transizione.
CINQUE AZIONI che sono un programma di lavoro sindacale, politico e culturale per i prossimi anni, per accompagnare e orientare i cambiamenti necessari al modo di produrre e di lavorare nel settore delle costruzioni. Cinque azioni che sono la base per alleanze sociali, produttive e politiche in grado di generare reti di partecipazione sul territorio, per mettere il lavoro al servizio di un grande progetto di trasformazione e di giustizia e plasmare così una città più sostenibile, più solidale, protagonista della lotta contro i cambiamenti climatici.
Prima azione: serve una politica pubblica di medio periodo, chiara, sostenibile in termini finanziari, stabile nei riferimenti normativi e tecnici per garantire da qui al 2033 la massima efficienza energetica del costruito, centrando gli obiettivi della Direttiva “Case Green”.
Seconda azione: una politica per la produzione, il riuso e la resilienza dei materiali. Serve una politica industriale per la riconversione verde delle costruzioni, con materiali sostenibili, riusabili, ad alta prestazione e con nuove tecniche costruttive, a maggior valore aggiunto e contenuto tecnologico.
Terza azione: serve una politica (e una legge quadro) per una rigenerazione urbana che sia rigenerazione sociale (ripensare lo spazio fisico ma anche i servizi di prossimità, i consumi e la qualità del tempo).
Quarta azione: serve una politica per la partecipazione popolare alle scelte di trasformazione dei propri quartieri e città. Dobbiamo costituire vere e proprie consulte urbane, animate dai comitati civici e ambientalisti, lavoratori e pensionati organizzati fino agli studenti e alle femministe.
Quinta azione: serve un lavoro rigenerato. Non solo nuova occupazione legata ai bisogni di cura delle persone e del territorio, ma riconversione professionale e formazione di centinaia di migliaia di lavoratori, garanzia di crescita professionale e di carriera, salari adeguati, salute e sicurezza, inclusione dei migranti.
E PROPRIO A PARTIRE da questo il 27 luglio la Fillea Cgil presenterà a Roma le proprie proposte per una riforma degli strumenti fiscali e delle politiche pubbliche di programmazione, intervento, controllo, per avere le prime case, a partire da quelle più energivore, di periferia e delle famiglie a più basso reddito, in classe energetica D, con zero barriere architettoniche e bollette meno care.
Una proposta che superando i limiti del cosiddetto «super bonus», ma salvandone il principio di poter essere usufruito da chi non ha risorse a disposizione, faccia della sostenibilità un’occasione e una vera convenienza per le fasce popolari, per i tanti lavoratori e pensionati che questa destra – negando la questione ambientale – vuole arruolare a difesa di questo modello di sviluppo. Dove i ricchi sono sempre più ricchi ed i poveri (poveri di salario, di diritti, di ambiente) sempre più poveri.
Dobbiamo invece tenere insieme – come è giusto che sia – chi ha paura della «fine del mondo» con chi ha paura della «fine del mese». Ed insieme cambiare tutto.
*segretario generale Fillea Cgil