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14 Settembre 2023
Roma. Irene Gori è stata parlamentare in pectore per meno di due settimane. Non è mai stata proclamata ufficialmente deputata, ma in via ufficiosa, sin dal post elezioni politiche del settembre 2022, era data tra gli assegnatari di un seggio alla Camera sul sito del Viminale Eligendo. E’ una geometra, è toscana, ha 41 anni, è capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio comunale a Quarrata, in provincia di Pistoia. Era stata convocata persino a Roma per l’inizio della legislatura, ma l’8 ottobre un verbale dell’Ufficio elettorale nazionale presso la Corte di Cassazione le ha negato l’elezione. Per i meccanismi perversi della legge elettorale Rosatellum, la quota di seggi da redistribuire nel proporzionale prevede compensazioni tra collegi. Così invece di essere eletta lei, la quarta in lista nel collegio plurinominale Toscana 1, è risultato eletto l’avvocato senese Francesco Michelotti, nel collegio Toscana 2. Nonostante quest’ultimo dopo lo scrutinio avesse pubblicamente detto: non c’è l’ho fatta. Una storia non particolarmente sorprendente, né degna di troppe attenzioni. Se non fosse che Gori dapprima fa un reclamo ufficiale per la mancata elezione, nell’imminenza del verbale della Cassazione, senza ottenere neppure una risposta. Allora si rivolge con un ricorso ufficiale alla giunta per le elezioni della Camera, l’organo parlamentare chiamato a giudicare nel merito le controversie sui singoli casi di elezione. Attualmente, sotto la presidenza dell’onorevole Federico Fornaro, si stanno analizzando (in fase ancora preliminare) quattro casi considerati prioritari e alcune decine di altri minori. Secondo gli avvocati di Gori, nel verbale dell’Ufficio elettorale sussisterebbero degli elementi di incongruenza che potrebbero portare a riconsiderare il verdetto della Cassazione. L’iter del ricorso parte pochi giorni dopo la proclamazione ufficiale di Michelotti. Anche perché i regolamenti della giunta prevedono una scadenza di 20 giorni per attivarne la procedura. Arriviamo, quindi, a fine ottobre.
Fin qui, come abbiamo detto, nulla di particolarmente strano. Però succede che il 10 novembre, quando viene costituita la giunta per le elezioni a Montecitorio, scorrendo l’elenco dei 31 membri l’occhio cada su un esponente di Fratelli d’Italia. Chi? Proprio l’avvocato Francesco Michelotti. In pratica, quando il ricorso della Gori era già stato presentato, Fratelli d’Italia decide di inserire in giunta colui che alla Gori è subentrato. E che con ogni probabilità, se l’istruttoria andrà avanti, si troverà a giudicare proprio il destino di chi avrebbe potuto ottenere quello scranno parlamentare. “Nulla che i regolamenti non permettano”, dicono dalla giunta. E però è evidente come una questione di opportunità politica si sia fatta strada in chi ha osservato da vicino la vicenda. Anche perché Michelotti non è un parlamentare ignoto e senza ambizioni. Avvocato senese, ex assessore all’Urbanistica del comune di Siena, da anni è considerato un fedelissimo del responsabile dell’organizzazione nazionale di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli. Quest’estate si è molto speso per il tour “Italia vincente” che il sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove ha fatto in giro per l’Italia per far conoscere agli italiani i presunti risultati ottenuti da questo governo. Molta della forza come plenipotenziario di FdI Michelotti se la giocherà nella prossima primavera, quando una trentina di comuni della provincia di Siena saranno chiamati al voto. Insomma, si capisce quanto il partito abbia investito su di lui. A ogni modo nel pistoiese raccontano che dopo la vicenda della mancata elezione, la consigliera Gori si sia un po’ defilata dall’attività politica dentro FdI, forse in silenzioso dissenso con la nomina di Michelotti in un ruolo gravato da un conflitto d’interessi. Nessuno può certo imputare alla Cassazione di aver falsato i risultati delle elezioni, se non con ragionamenti complottisti, visto che è lo stesso Peppino Calderisi, grande esperto di leggi elettorali, a ribadire al Foglio come il caso specifico non sia affatto un’eccezione. Bensì il risultato di una legge elettorale che ha dimostrato di funzionare in maniera “quanto meno opinabile”. Altro è porre l’attenzione sulla scelta, quella di Fratelli d’Italia e dei vertici come Donzelli, di piazzare in giunta per le elezioni un deputato pienamente coinvolto dagli effetti del proprio giudizio. Michelotti a chi lo ha avvicinato per chiedere cosa farà avrebbe confessato di volersi astenere su una questione che lo tocca in prima persona. Ma era proprio necessario da parte di FdI ingenerare questo imbarazzo, tutto interno al partito?