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27 Luglio 2024La riforma che divide
Braccio di ferro tra Tajani e Calderoli durante l’informativa del ministro leghista. Primo nodo la devoluzione del commercio estero Il vicepremier di Forza Italia alza il muro: non capisco questa fretta sulle intese. Anche Meloni frena e chiede chiarimenti sui «tempi»
Roma
L’autonomia differenziata scuote il Consiglio dei mini-stri, dove ieri Antonio Tajani si è presentato in assetto da guerra, pronto a difendere le sue deleghe sul commercio estero e le ragioni del governatore forzista della Calabria, Roberto Occhiuto, che il giorno prima aveva chiesto una moratoria sulla legge. Il ministro leghista Roberto Calderoli, però, non ha fatto concessioni politiche – la legge che porta il suo nome, ha ribadito, consente già alle Regioni di chiedere intese sulle materie che non hanno bisogno di Lep – e il braccio di ferro tra i due si è più che palesato nella riunione della squadra di governo, anche se i protagonisti parlano di un confronto “felpato”. Giorgia Meloni, anche lei preoccupata per i tempi con cui le Regioni a trazione leghista marciano verse le intese, ha cercato di correre ai ripari, da un lato avanzando una necessità di chiarezza sui tempi complessivi delle procedure, dall’altro chiedendo una nuova informativa nel Cdm del 7 agosto. Non solo: per provare a ribaltare la narrazione, ha celebrato con il ministro Raffaele Fitto la Zes unica per il Mezzogiorno durante la presentazione pubblica del piano strategico, con la speranza di convincere il Sud sui buoni propositi del governo.
Tajani ha anticipato il proprio malcontento a margine di un convegno alla Camera poco prima del Cdm. Ha spiegato che, ad esempio, il commercio estero, una delle nove materie subito trasferibili, «è una competenza comunitaria
e nazionale » e «non si può pensare che le regioni sostituiscano lo Stato». «L’autonomia non è un dogma di fede», ha continuato prendendo le parti di Occhiuto, ma «una riforma voluta dalla sinistra» e FI vigilerà «affinché venga ben applicata». Anche se, ha poi concesso, «questo non vuol dire mettersi di traverso, ma significa fare le cose fatte bene», ma in ogni caso «le preoccupazioni in alcune regioni del Sud» sono «comprensibili».
Calderoli, da parte sua, in Cdm, durante l’informativa, è andato dritto come un treno e non ha fatto che ribadire quanto scritto nella sua legge, notificando al governo che quattro regioni hanno già chiesto il negoziato: Veneto, Piemonte, Liguria e Lombardia. Da lì è nato il teso confronto con Tajani, che non ha intenzione di cedere. E che ai vertici di Forza Italia non fa altro che ribadire i suoi dubbi: «Non capisco questa fretta» di correre alle intese.
Lo scontro tra i due ministri non tranquillizza Meloni e il probabile referendum peggiora le cose. Per altro, mentre si consumava la lite in Cdm, a Napoli il Pd apriva la campagna per la raccolta firme, schierando diversi “pezzi” pregiati del partito (Lucia Annunziata, Sandro Ruotolo, Piero De Luca) e della società civile, come lo scrittore Maurizio de Giovanni. Non solo: lo sbarco del quesito referendario sulla piattaforma on line per la raccolta delle firme ha portato in poche ore a 30mila sottoscrizioni. Per questo il capo dell’esecutivo sta cercando di correre ai ripari e la Zes unica è il talismano con cui spera di convincere i cittadini del Sud che l’esecutivo ha intenzione di puntare su di loro, nonostante l’autonomia. Non a caso ieri, per presentarlo, ha portato con sé l’uomo del Pnrr, Raffaele Fitto. I toni sono stati enfatici per un «provvedimento che contribuirà a disegnare la politica di sviluppo del Sud per i prossimi tre anni. Non si tratta di assistenzialismo, perché il Sud ha ricchezze e potenzialità». La spaccatura sull’autonomia, però, è più profonda che mai. Agli avversari non è sfuggita e in molti ieri hanno approfittato delle difficoltà della maggioranza. Elly Schlein ha parlato di «una riforma che fa male anche al Nord», chiedendo di fare di tutto per fermarla. Matteo Renzi invece si è detto convinto che sarà il primo colpo decisivo alla stabilità dell’esecutivo: «Non c’è possibilità d’intesa sulla moratoria chiesta da Roberto Occhiuto. Quella sull’autonomia è una partita impostata in modo ideologico. Forza Italia ha preso il 20% dei voti in Sicilia e ha fatto ottimi risultati in Calabria e Campania, se si schiaccia sulla Lega perde tutto il consenso che ha nelle regioni in cui prende voti. Se ad un eventuale referendum raggiungiamo il quorum, il governo è finito e va a casa».