Servono risorse per la manovra ora che non si può più fare deficit Se le entrate non bastano scatta il “contributo di solidarietà” dalle banche
ROMA — C’è un numero che tormenta Giorgia Meloni. È il quattro. Quattro come i miliardi che cerca disperatamente per tirare su la legge di bilancio. Ora che il ricorso al deficit è interdetto dalle nuove regole europee, la caccia alle risorse si è fatta – eufemismo – più complessa. Ma da qualche parte questi quattro miliardi vanno trovati. E il bacino da cui attingere è stato individuato: banche, assicurazioni e imprese, dall’energia al lusso, che hanno fatto utili record.
Ecco il contributo di solidarietà. Doveva restare nascosto fino all’autunno in attesa di capire, il 10 agosto, dati alla mano, se il flusso delle entrate è così consistente da scongiurare o perlomeno limitare il ricorso alla tassa sugli extraprofitti. Ma a Palazzo Chigi la tentazione è sfuggita di mano. E il pressing sul Dipartimento delle Finanze, al ministero dell’Economia, si è fatto asfissiante. La traccia dell’assillo recita così: lo schema della tassa sugli extraprofitti va confezionato il prima possibile per non trovarsi impreparati a settembre, quando bisognerà tirare la riga definitiva sotto le entrate che alimenteranno la manovra. Sul tavolo dei tecnici ci sono più ipotesi. La più accreditata prende in considerazione gli utili degli ultimi tre anni: l’entità delle somme da versare allo Stato verrebbe determinata in proporzione all’incremento registrato nell’ultimo anno.
Le simulazioni sono ancora in corso, ma intanto il bubbone della tassa è scoppiato. Agli investitori sono bastate le indiscrezioni sui lavori in corso, anticipate da Repubblica , per guardare con timore alle mosse della premier. Un’ondata di vendite ha travolto Piazza Affari: in due sedute, giovedì e ieri, ha bruciato quasi 40 miliardi di capitalizzazione. È il crollo delle banche ad aver spinto fonti di governo, ieri pomeriggio, a dire che «sono prive di ogni fondamento le ricostruzioni giornalistiche secondo le quali sarebbe attualmente allo studio del governo una norma sugli extraprofitti in alcuni settori dell’economia».
Nessuna dichiarazione in chiaro da parte della premier. Anche i ministri sono rimasti in silenzio. Solo una velina, a 48 ore dalle prime prime notizie sul contributo di solidarietà. Una traccia in differita. E indotta da Forza Italia, che al mattino ha tuonato contro il cantiere della tassazione. Sono stati gli azzurri ad avvisare la premier. È toccato al capogruppo alla Camera Paolo Barelli suonare la sveglia: le notizie sulla tassazione dei proventi delle banche «creano effetti negativi nel settore e una cattiva immagine nei mercati internazionali che valutano la serietà di un Paese se le norme del settore sono stabili e mai retroattive». Da qui l’invito asmentire l’ipotesi della tassa. Irritati, i forzisti. E in contatto con Marina Berlusconi, che esattamente un anno fa si era scagliata contro la tassa sugli extraprofitti voluta dalla premier, poi stracciata e sostituita con una spinta agli accantonamenti. La contrarietà è rimasta la stessa. «Il suo no ha pesato», rivelano fonti di mercato che hanno avuto modo di sondare gli umori della presidente di Fininvest.
Il fronte dell’opposizione è nutrito. Le banche sono sul piede di guerra. Lamentano l’ennesimo intervento calato dall’alto. Più di un banchiere l’ha detto chiaramente al presidente dell’Abi Antonio Patuelli, che nelle scorse ore ha registrato il dissenso. In tanti hanno appresso del balzello dai giornali. Come è successo un anno fa, quando il blitz di Meloni in Cdm fu condotto all’insaputa degli istituti di credito. Il copione si ripete, ma ora Palazzo Chigi tira il freno a mano. Anche perché la norma non ha ancora preso forma. Ma al netto del veicolo, la direzione di marcia resta la stessa: chi ha di più deve dare a chi ha di meno. Tra le banche si è diffusa la consapevolezza che qualcosa bisognerà concedere. Ma la tassa no. A meno che a settembre il numeretto sotto la colonna delle entrate non risulti striminzito. Allora sì che la tentazione della premier si farebbe certezza. Tassa.