Non è un caso che, come ha raccontato Il Fatto, dalla masseria di Ceglie Messapica dove la premier e famiglia stanno passando le vacanze, sia arrivato un ordine preciso ai dirigenti e parlamentari di Fratelli d’Italia: non parlare dell’utilizzo delle armi italiane a Kiev, né commentare gli attacchi a Kursk. Se costretti, ribadire che la posizione italiana è in linea con quella dell’Unione Europea: sono legittimi gli attacchi in territorio russo essendo “difensivi”.
In questo equilibrismo si inserisce la Lega che da mesi sta chiedendo a Meloni maggiore chiarezza: Matteo Salvini prima delle elezioni europee aveva fatto sapere che il Carroccio non avrebbe più votato nuovi invii di armi senza sapere chiaramente per cosa sarebbero state utilizzate.
Ora, dopo l’attacco in territorio russo, interviene il capogruppo al Senato Romeo: “Mentre comprendiamo e sosteniamo il diritto dell’Ucraina di difendere la propria sovranità, il tentativo di incrementare il proprio capitale spendibile al tavolo negoziale con gli attacchi sul suolo russo potrebbe comportare il rischio di un’escalation militare allontanando ulteriormente una soluzione pacifica”. Per questo Romeo chiede anche che si attivi un canale diplomatico, criticando l’assenza dell’Unione Europea. Non solo: fonti della Lega fanno sapere che se il governo non farà chiarezza sulla condanna agli attacchi in territorio russo e sull’utilizzo delle nostre armi, chiederà conto in Parlamento. La formula non è ancora chiara: se con un’interrogazione parlamentare o con un atto di indirizzo (come una mozione). Questo si vedrà alla ripresa dei lavori parlamentari.
E come se non bastasse la cronaca dall’Ucraina, arrivano novità sul riarmo. Il governo ha promesso alla Nato di aumentare le spese militari, in virtù di un asticella ancora lontana dal 2% del Pil. Nelle ultime ore, un’agenzia del Pentagono ha diffuso un comunicato per far sapere che “il dipartimento di Stato ha approvato la possibile vendita all’Italia di sei Aircraft MQ-9 Block 5 e del relativo equipaggiamento per un costo stimato di 738 milioni di dollari” (circa 670 milioni di euro). Si tratta di droni Reaper, evoluzione dei Predator, terminologie tecniche il cui senso è che l’Italia è in trattative per droni d’attacco di ultima generazione. In “trattative” nel senso che il Pentagono ha autorizzato la vendita, che però deve ancora essere perfezionata. Quando ci sarà un contratto, e solo allora, il Parlamento italiano potrà mettere bocca sull’accordo. Per questo motivo finora deputati e senatori erano all’oscuro anche solo della volontà di acquistare droni per oltre 700 milioni: nell’ultima richiesta inviata da Crosetto al Parlamento, erano previsti acquisti simili “soltanto” per 23 milioni. Dall’opposizione, Angelo Bonelli chiede spiegazioni: “È incredibile che si continuino a trovare i soldi per le armi, in una situazione in cui abbiamo raggiunto il livello massimo di deficit pubblico. Vorremmo capire se l’acquisto dei sei droni d’attacco rientri nei 28 miliardi di euro per le spese militari previste dalla Legge di bilancio. Presenterò una interrogazione al ministro Crosetto”.