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14 Novembre 2024La solidarietà dopo lo sgombero dal parcheggio. Ogni mattina l’attesa davanti alla questura
Aldo Tani
Siena Un’altra notte è passata. Poi si penserà alla prossima, nella speranza che chi ha concesso ospitalità, non si rimangi la parola. Da Rifondazione comunista non intendono farlo, anche se tutti sono consapevoli che si tratta di una sistemazione di emergenza. «Non è uno spazio dignitoso, è stretto — ammette Francesco Andreini — ma se nessuno si fa avanti, almeno per ora possono rimanere qui». Per la trentina di cittadini pakistani che da qualche giorno ha trovato riparo nella sede del partito, in via Mentana, quelle tre stanze assomigliano a una reggia.
Nel fine settimana scorso, dopo essere stati allontanati dal parcheggio «Il Duomo» erano stati ospitati nei locali del circolo Arci in via di Città che è anche la sede del Pd. Questo girovagare testimonia una nuova fase critica per Siena nella gestione dei migranti. In particolare di chi arriva dal Pakistan. Ondate costanti che mettono a dura prova il sistema di accoglienza, perché non tutti hanno maturato i requisiti per accedere ai Cas. Le persone escluse al momento sono una novantina. Per alcuni la domanda di asilo sarà esaminata nel giro di qualche mese, altri sono in attesa della chiamata della questura. Che può arrivare da un momento all’altro e in venti minuti è necessario rispondere presente: pena la perdita del turno. Quindi loro la mattina sono lì in attesa e non è un caso che avessero scelto quel parcheggio, a due passi dagli uffici di via delle Sperandie, per soggiornare. Poi è arrivato lo sgombero e la necessità di trovare un nuovo posto dove dormire. La Caritas ne ospita 35 e provvede anche ai pasti per tutti quanti, dislocandoli tra l’ex convento delle clarisse e uno spazio all’Arbia. Allo studio c’è anche l’apertura di un terzo punto.
Altri sono stati ospitati da parenti e conoscenti. Quindi c’è il gruppo di via Mentana. Rientrano per dormire, mentre il giorno si posizionano a poca distanza dal luogo dove vengono rilasciati i permessi di soggiorno. In realtà, per paura di perdere l’occasione, qualcuno ha passato l’ultima notte nei giardini all’esterno di porta San Marco.
Dentro la sede di Rifondazione coperte e sacchi a pelo sono distesi l’uno accanto all’altro. In italiano pronunciano «grazie» o poco più, ma con chiari gesti esprimono la riconoscenza per chi ha dato loro questa opportunità. «Sono venuto via per cercare un’occasione — sottolinea Mohammad — non è facile, ma stare insieme ci dà forza e poi abbiamo trovato persone che ci aiutano». Poche parole prima di mettersi a pregare. Momento condiviso con molti altri compagni di stanza. C’è anche chi si intrattiene all’esterno per una sigaretta. «Ho lasciato la mia famiglia in Pakistan. Vorrei trovare un lavoro, ma non è facile in questa condizione», sottolinea Syed, con abiti troppo leggeri per affrontare le prime temperature rigide di questi giorni. All’interno vanno avanti i preparativi per la notte. Naseem stende la coperta e ci si nasconde sotto. La stanchezza prende il sopravvento e dopo una lunga giornata nel suo volto c’è un accenno di serenità. «È dura — ammette — non vediamo la fine, ma non possiamo mollare». Un pensiero comune, espresso anche domenica scorsa nella manifestazione in piazza del Duomo. Al loro fianco associazioni, sindacati e reti civiche. Le stesse che hanno firmato la lettera indirizzata alle istituzioni per ribadire la necessità di non voltarsi dall’altra parte. Dove il motto Cor magis tibi Sena pandit è di casa, sarebbe uno schiaffo alla propria storia .
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