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27 Novembre 2024Il declino di Grillo
di Paolo Mieli
Beppe Grillo è riuscito a inchiodare la sua creatura, il M5S, così da fargli perdere — dopo un mese abbondante di conclave — altre due settimane. A norma di un codicillo da statuto, ha costretto il movimento a ripetere la votazione che lo aveva travolto nella sua doppia veste di garante e fondatore. Voto accolto dagli iscritti con un boato di approvazione a tal punto fuori misura che in molti, tra i vincitori, hanno avvertito la necessità di porgere al comico le proprie scuse. Ma a Grillo di quelle scuse importa assai poco. Pretende che si rigiochi la partita. E otterrà quel che vuole. A che pro?
Ritiene, Grillo, che sommando gli astenuti a coloro che si sono pronunciati per lui e convincendo la maggioranza degli iscritti a disertare il voto, la prossima volta riuscirà a spuntarla mandando all’aria i progetti di Giuseppe Conte. Può darsi che ci riesca. Perciò tutti coloro che, per un motivo e per l’altro, hanno in antipatia l’uomo con la pochette, fanno il tifo per l’ex cabarettista.
A leggere un informato articolo di Paolo Zanca su il Fatto Quotidiano, quel che sta facendo Grillo è riconducibile a un disegno dettato dalla sua solitudine. Alle prese con la vicenda del figlio, imputato da un’eternità per aver (forse) violentato una ragazza, scomparso il sociologo Domenico De Masi che fu un suo grande suggeritore, ora a guidarlo e ad ispirarlo sarebbe una «creative director», la cantautrice Nina Monti.
I n compagnia, beninteso, del fedelissimo ex ministro Danilo Toninelli. Più sfumata la posizione dell’ex sindaca di Roma Virginia Raggi. Disperso, quantomeno per quel che concerne la battaglia del momento, Alessandro Di Battista, il quale, peraltro, non perde occasione di ricordare che lui da anni non è più neanche iscritto al movimento.
Ora che questa pattuglia impegni le proprie energie a paralizzare un partito che ha ancora il 10% dei consensi (forse meno, ma non importa) non fa onore a chi si sta dedicando all’impresa. Conte lo si può amare in modo smodato come Goffredo Bettini e Maurizio Landini, o avversare esplicitamente come Matteo Renzi e Carlo Calenda (l’ultima cosa che li accomuna). Ma va dato atto che, come politico, si è conquistato i titoli per guidare la pattuglia che è rimasta al suo fianco.
A nostro avviso le sue posizioni sono eccessivamente sovrapponibili a quelle di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli che gli rubano la scena sia sul piano internazionale che qui in Italia. E da qualche tempo hanno cominciato a sottrargli anche i voti. Forse farebbe meglio a impegnare la fantasia per creare qualcosa di più sorprendente, originale, attrattivo per votanti poco desiderosi di imbarcarsi nell’ennesima avventura post post comunista e post post democristiana. Ciò non toglie che ha avuto coraggio a collocare stabilmente il M5S nel campo del centro sinistra e a respingere preventivamente ogni possibilità di alleanza con il campo opposto. Quello che ancor oggi, stando ai sondaggi, dispone del maggior numero di voti.
Grillo invece si limita a rivendicare il diritto di decidere lui quando sarà giunto, a suo insindacabile avviso, il momento di spegnere la luce e mandare tutti a casa. Pur non volendo far torto alla cantautrice Monti, non si intravede nelle sue parole nessuna indicazione di prospettiva politica. E quando negli ultimi anni la si è potuta individuare, è apparsa — anche se, talvolta, azzeccata nel merito — motivata in modo estemporaneo e stravagante. Dopodiché negli ultimi anni mai ha dato prova di essersi impegnato nel disegnare un futuro politico degno di questo nome. Ha alternato comizi e spettacoli senza che apparisse (quantomeno a noi) ben netta la linea di divisione tra i due modi di manifestare quel che pensava. Ne è venuta fuori nient’altro che qualche battuta, talvolta efficace. E, per non infierire, lasciamo cadere la faccenda dei trecentomila euro che certo non è stata inventata per dare smalto al suo blasone.
Che adesso sia impegnato a far deragliare il treno dei sopravvissuti ai giorni della festa, è triste. Triste per lui, perché avrebbe potuto uscire di scena dignitosamente, silenziosamente. E invece ha scelto di buttare a mare quello che pure è un pezzo importante della sua vita. Ma triste anche per noi che abbiano dedicato anni e pagine di elucubrazioni all’analisi di un fenomeno che — quantomeno per quel che riguarda Grillo — finisce come tutti quelli dello stesso tipo che lo hanno preceduto. All’italiana.