Brady Corbet “I miei film sono traumi”
15 Dicembre 2024LAURA NYRO stoned soul picnic
15 Dicembre 2024La redazione consiglia:
Bette Midler finisce il suo discorso tra le lacrime. È il 14 aprile 2012 e spetta a lei l’onore di introdurre Laura Nyro nella Rock and Roll Hall of Fame. Ha iniziato a parlare con un sorriso radioso, raccontando la folgorante carriera di una compositrice geniale, che scrisse il primo classico a 17 anni (And When I die, portata al successo da Peter Paul and Mary e dai Blood Sweat & Tears) e si entusiasma a parlare del rapporto viscerale che i fan avevano con lei e la sua musica: «Si faceva la fila fuori dei negozi di dischi aspettando l’arrivo dei suoi LP», dice. «Laura era l’essenza di New York City, creava personaggi leggendari, riusciva a trasformare una spedizione al negozio di alimentari in un’avventura nella casbah». Era una città trasfigurata quella evocata nelle sue canzoni, un luogo squallido nella realtà: «Eravamo circondati da rovine, disperazione, declino», dice Midler.
L’OPERA, la musica classica e il blues dei dischi che ascoltava a casa, il doo-wop per le strade del Bronx dove era nata nel 1947, il pop di Brill Building, il jazz, il folk, il rhythm’n’blues, il soul. Con questi ingredienti, ma con una visione artistica sorprendente per l’assoluta originalità, e un carattere indomito, nel suo songbook Laura Nyro creava un mondo appassionato, esotico, romantico, sexy. «Noi non lo vedevamo quel mondo – prosegue Midler – ma ci volevamo vivere dentro. Per quanto fatiscente, New York era pur sempre una città straordinaria per essere giovani, vivi e innamorati». La stessa energia vibrante che si ritrova nelle pagine di Just Kids, il memoir di Patti Smith.
Midler ricorda il primo concerto alla Carnegie Hall. Era la fine di novembre del 1969, Laura aveva 22 anni e i fan adoranti comprarono tutti i biglietti nel giro di un’ora, per cui si aggiunse un secondo concerto a mezzanotte. Sul palco c’erano lei, un pianoforte e un tappeto persiano. Vestita di nero nella prima parte, di bianco nella seconda. Bisbigliava, il pubblico pendeva dalle sue labbra, si protendeva verso di lei per non perdere una parola. Midler quasi cadde dalla balconata. La voce di Lauro Nyro è l’equivalente sonoro della fotografia di una giovane Ava Gardner, hanno scritto. Un modo per dire sontuosa, come la struttura delle canzoni che suonano orchestrali anche quando è da sola con il pianoforte. Canzoni che non seguono la struttura tipica di strofa, ritornello, strofa, ma ti sorprendono: «Ad ogni cambio di tempo e di chiave, pensavamo “E chi lo sapeva che si potesse fare una cosa del genere!”», ricorda John Sebastian dei Lovin’ Spoonful. «Se ci diceva che voleva la musica più viola, noi obbedivamo, senza fare domande».
La voce è l’equivalente sonoro della fotografia di una giovane Ava Gardner. Un modo di dire sontuosa, come la struttura delle sue canzoni dalla costruzione atipica
Oracolo, sibilla, strega, dea, schierata con il movimento pacifista e quello femminista, animalista, ecologista, a 24 anni Laura Nyro si ritira dal music business, disgustata e stanca. Continua a fare dischi nello studio della sua casa su un lago in Connecticut; si sposa, divorzia, fa un figlio; passa gli ultimi anni con la compagna, l’artista Maria Desiderio. Muore nel 1997 di cancro ovarico pochi mesi prima di compiere 50 anni.
QUANDO si commuove, verso la fine del suo discorso, Bette Midler sta chiedendo alle giovani donne nel pubblico di scoprire «la Laura di cui tutti ci innamorammo all’epoca. Quando sento i suoi dischi, sembrano incisi ieri. La vedo ancora sfilare lungo Columbus Avenue in tutto il suo splendore, i lunghi capelli neri, i cerchi alle orecchie, lo scialle con la frangia, la gonna lunga che striscia per terra, l’immagine della Madre Terra».
Un’occasione per immergersi in modo completo nell’opera di Laura Nyro è il nuovo cofanetto curato da James Batsford per Madfish (Audioglobe). Hear My Song: The Collection, 1966 – 1995 contiene diciannove CD: i dieci album originali in studio, sei dal vivo, tra cui due concerti inediti, un disco di rarità e Go Find The Moon: The Audition Tape, il nastro con la registrazione del provino che Nyro fece nell’estate del 1966, a diciotto anni, per il produttore Milt Okun e l’A&R Artie Mogull. Il primo l’avrebbe subito messa sotto contratto per l’esordio, sfacciatamente intitolato More Than A New Discovery; il secondo sarebbe diventato il suo manager.
Nel suo songbook creava un mondo appassionato, esotico, romantico e sexy
IL LIBRICINO che accompagna il box set contiene foto inedite, testimonianze prestigiose e note di copertina di Vivien Goldman. «Nyro fa rima con Shero», scrive con il caratteristico piglio l’autrice di La vendetta delle Punk, che evidenzia quanto fosse un’artista in anticipo sui tempi: gli abiti teatrali, da strega – «si potrebbe dire che ha inventato il look dark» – la sensualità pangender, l’animismo «che la portava a relazionarsi allo stesso modo con tutti gli esseri viventi, comprese le piante. L’identificazione panteistica e sensuale con il creato». Forse oggi Laura Nyro parlerebbe di Chthulucene con Donna Haraway, di generare parentele, di ibridazioni, di nuove creature compostiste.
Del diritto a una morte giusta aveva già cantato in And when I die. Dopo Ecate, Saffo, Frida Kahlo, Billie Holiday e Louise Nevelson, forse nelle sue canzoni avrebbe citato la biologa Lynn Margulis. Soprattutto, avrebbe continuato a costruire case – aperte – con la musica e l’immaginazione, usando gli strumenti architettonici del suono, come canta in Serious Playground, dedicata all’unica autorità da lei riconosciuta: «My boss is the Muse».