Michael Walzer pensa, o almeno si augura, che Trump stia sopravvalutando la popolarità della sua rivoluzione, e che di questo passo pagherà un prezzo con gli elettori: «La cancellazione del dipartimento all’Istruzione – dice il filosofo di Princeton – è solo l’ultimo esempio diquesto errore».
Perché il presidente vuole penalizzare la scuola pubblica?
«Credo lo faccia per motivi culturali e politici. L’ala più radicale del Partito repubblicano ha sempre voluto indebolire l’istruzione pubblica e favorire quella privata e religiosa attraverso il sistema dei voucher, ma ora anche del finanziamento diretto. Lo fa perché pensa che l’obiettivo di lungo termine della scuola pubblica sia formare gli elettori democratici».
Quindi le classi sono un luogo di indottrinamento dei nemici?
«Esatto. Io per la verità ho frequentato le scuole pubbliche in Pennsylvania, ma non mi hanno indirizzato verso posizioni progressiste. Le ho assorbite in famiglia. Questo però non interessa ai trumpisti».
Perché sono impegnati a combattere una guerra culturale e vedono ovunque la minaccia del liberalismo woke?
«Per Trump la guerra culturale è importante, come e più di quelle economica e sociale. Non capisco bene il motivo, ma hanno questa idea esagerata di un’America woke e vittima delle politiche per la diversità e l’inclusione».
Sono anche ossessionati dalla “critical race theory”, che mette le discriminazioni razziali all’origine dei problemi del Paese.
«Pochissime scuole la adottano, al massimo dedicano una settimana allo studio della schiavitù. Non è un problema vero, ma a Trump torna utile, perché parla alla pancia dei suoi sostenitori».
Non riconoscono che esistono ancora discriminazioni in America,
oppure vogliono salvaguardare i privilegi storici dei bianchi?
«I loro elettori appartengono principalmente al gruppo che è stato più favorito dal sistema, ma le scuole pubbliche sono anche la porta d’ingresso in America dei figli degli immigrati, e così cercano di ostacolare la loro integrazione».
Ci sono motivi religiosi alla radice di questa guerra culturale?
«Senza dubbio, la laicità dello stato è a rischio. Però alla fine i trumpisti potrebbero essere colti di sorpresa, quando scopriranno quanto sono integrate scuole come quelle cattoliche. Anche qui stanno esagerando».
La stessa gerarchia cattolica conservatrice si è lamentata, quando il vice presidente Vance l’ha accusata di aiutare i migranti perché le consentono di fare profitti.
«Appunto. Le reazioni di segno opposto stanno già iniziando».
I repubblicani sono storicamente scettici dello stato, ma con Elon Musk stanno cercando di demolirlo. Perché?
«Sono seguaci radicali del laissez faire ,ma anche radicalmente scettici nei confronti del ceto medio impiegatizio. Queste infatti sono le persone che stanno licenziando».
Mandano per strada anche i veterani di guerra e i loro elettori.
Non corrono il rischio di esagerare e pagarne il prezzo?
«Stanno sicuramente esagerando. Non so bene cosa ne pensino in Oklahoma o in Texas, ma potrebbe diventare un terreno di resistenza, quando gli elettori repubblicani cominceranno a lamentarsi del fatto che questa rivoluzione non era ciò per cui avevano votato».
I dazi imposti a tutto il mondo sono un altro aspetto di questo atteggiamento ideologico senza mezze misure?
«La loro convinzione è che riporteranno lavoro e ricchezza negli Stati Uniti, ma il problema è che – anche se avessero ragione – il processo non sarà rapido come pensano. Le fabbriche non possono essere costruite in poche settimane e trasferire la produzione negli Stati Uniti non sarà facile. I prezzi invece aumenteranno subito. Trump dirà che non è vero, e scaricherà la colpa su altri, ma potrebbe diventare una bugia a cui gli americani si rifiutano di credere, perché sentiranno gli effetti sul portafoglio».
I democratici lasciano fare perché pensano che così Trump alimenti il risentimento, che gli farà perdere le elezioni di midterm del prossimo anno?
«Credo che potrebbe accadere.
Non sono sicuro che avverrà, ma il risentimento sta già cominciando a emergere».