
Ultima chiamata per la diplomazia
20 Giugno 2025
Domani a Roma contro riarmo e guerre: «È solo l’inizio»
20 Giugno 2025Con Leone XIV si apre una nuova fase per la Chiesa, segnata dalla continuità con il magistero di Francesco ma anche da un impulso originale. Al centro del suo pontificato c’è l’annuncio di un “Vangelo essenziale”, capace di parlare a tutti e di portare Cristo “nelle vene dell’umanità”. La teologia che ispira questo orientamento è quella sapienziale: non speculativa o accademica, ma radicata nella vita, nel dolore e nella speranza delle persone, capace di esprimersi con linguaggi narrativi e popolari.
Leone XIV assume come riferimento Evangelii gaudium e rilancia la riflessione su Fratelli tutti e Laudato si’, interpretandole come basi per una teologia incarnata, attenta alla fraternità, alla giustizia e alla cura della casa comune. Il suo orizzonte si amplia ulteriormente nella proposta di una “antropologia viva”, che diventa strumento essenziale per il discernimento pastorale, soprattutto in un’epoca segnata dalle trasformazioni tecnologiche e dall’intelligenza artificiale.
Riprendendo l’eredità di Leone XIII e immaginando una possibile nuova Aeterni Patris, il nuovo Papa si propone di ricostruire l’unità culturale dei cattolici e di aprire una sinodalità del pensiero, capace di dialogare con credenti e non credenti. Il ministero petrino torna così a manifestarsi come “sacramento di unità”, non solo per la Chiesa ma per tutta l’umanità, chiamata a riscoprire la propria dignità alla luce dell’incarnazione. La sfida è grande: offrire al nostro tempo non una dottrina chiusa, ma una sapienza viva che unisca fede e umanità. (P.P.)
Dal discernimento del cuore alla fede incarnata, alla prossimità: tra l’eredità di Francesco e il dinamismo che già si scorge
L’accento sull’annuncio del “Vangelo essenziale”, il dialogo con tutti per portare Cristo «nelle vene dell’umanità», l’antropologia viva come chiave della pastorale: cosa ci sta indicando il nuovo Papa
Riforma nella continuità è l’ermeneutica giusta, secondo Benedetto XVI. Vale non solo per il Concilio Vaticano II ma per la Chiesa tutta. Funziona nella successione dei vescovi di Roma, come appare dagli interventi di Leone XIV: insiste il nuovo Papa sull’annuncio del “Vangelo essenziale”, con un dialogo aperto e coinvolgente tutti ( todos todos todos), per «portare Cristo “nelle vene” dell’umanità», contribuendo all’edificazione della «pace disarmata e disarmante», rispettosa della dignità umana di tutti. È la pace di Cristo che sana le ferite nel perdono, distruggendo l’odio dei cuori, aprendo alla vera amicizia sociale e alla fraternità dei popoli. Evangelii gaudium è citata di continuo. Per Leone XIV è un paradigma di riferimento per l’evangelizzazione a venire e la “teologia sapienziale” che la deve supportare. L’ approccio di Francesco ha privilegiato l’intelligenza del cuore e l’esperienza concreta, rispetto alla speculazione puramente accademica. Questa «teologia che sa di carne e di popolo» si immerge nelle pieghe delle gioie e dei dolori dell’umanità, affrontando le sfide globali e le problematiche personali con una lucidità intuitiva e un linguaggio che attinge alla ricchezza della narrazione e della metafora. Le encicliche Fratelli tutti e Laudato si’ sono testimonianze eloquenti di questa peculiare cifra teologica, offrendo una visione integrata che connette la fraternità universale con l’imperativo della cura della casa comune.
Nei suoi primi interventi rivolti ai cardinali, spiegando il perché della scelta del nome che lo collega alla Rerum novarum, Leone XIV ha dichiarato di voler camminare in profonda continuità con l’Evangelii gaudium che implica e si sviluppa con la teologia sapienziale. Del resto, la tradizione agostiniana (più platonica-spirituale) del nuovo Papa lo dispone istintivamente a recepire l’istanza avanzata già da Benedetto XIV (e riproposta in Ad Theologiam promovendam di Francesco): l’allargamento dei confini della ragione scientifica in senso sapienziale.
C osì è stabilita una splendida “sinodalità diacronica” tra Benedetto XVI, papa Francesco e Leone XIV. Al cuore della teologia di Francesco, infatti, pulsa una centralità della prassi, un’attenzione prioritaria alla realtà vissuta. La sua riflessione non germina primariamente da astrazioni concettuali ma dall’osservazione acuta delle dinamiche sociali, delle ferite dell’ingiustizia, delle aspirazioni profonde della gente. Questa teologia incarnata si esprime attraverso un linguaggio
accessibile e narrativo, capace di toccare le corde dell’anima. In Fratelli tutti la rilettura incisiva della parabola del Buon Samaritano (cfr. nn. 56-86) non si limita a un’esegesi morale individuale ma si trasforma in un potente appello a un amore sociale e politico che superi i confini e le indifferenze. Allo stesso modo, in Laudato si’ la descrizione appassionata della crisi ecologica (cfr. cap. I) non è un mero elenco di dati scientifici ma un grido di allarme che interpella la coscienza umana a partire dalle conseguenze concrete sulla vita dei più vulnerabili. L o sguardo di Francesco si posa costantemente su coloro che sono marginalizzati, esclusi, scartati dalla logica dominante. La sua è una teologia della prossimità, che denuncia le strutture di peccato che generano disuguaglianza e sofferenza, invitando a un’inversione di rotta che ponga al centro la dignità di ogni persona.
Fratelli tutti dispiega l’orizzonte di una fraternità universale che non è un vago ideale ma un imperativo teologico radicato nella comune umanità creata a immagine di Dio. L’amore sociale, inteso come forza dinamica capace di costruire ponti e abbattere muri, diviene il cardine di un’etica della relazione e della responsabilità reciproca. L’enciclica esplora con profondità le sfide del nostro tempo – l’individualismo esasperato, la globalizzazione senza anima, i nazionalismi chiusi, l’indifferenza verso la sofferenza altrui – alla luce di un appello radicale all’apertura all’altro, al dialogo sincero, alla costruzione di un mondo più giusto e pacifico, ricco di ponti, con l’abbattimento di anacronistici muri. La fraternità, in questa visione, non è un sentimento effimero ma un impegno concreto che si traduce in scelte politiche, economiche e sociali orientate al bene comune. C on Laudato si’ papa Francesco allarga l’orizzonte della fraternità all’intera casa comune. L’enciclica presenta una visione integrale che intreccia indissolubilmente la crisi ambientale con le ingiustizie sociali. L’inquinamento, il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, la cultura dello scarto non sono problemi isolati ma manifestazioni di una crisi antropologica profonda, di uno sguardo sul mondo che ha smarrito il senso del limite e della sacralità del creato. La teologia sottostante chiama a una conversione ecologica, un cambiamento radicale di mentalità e di stili di vita che riconosca la dignità intrinseca di ogni creatura e la responsabilità dell’essere umano come custode del giardino del mondo. La dimensione spirituale di questa conversione implica una riscoperta della contemplazione, della gratitudine e di un rapporto armonioso con la natura, riconoscendo in essa un riflesso della bellezza divina. In verità, la teologia di papa Francesco, lungi dall’essere una semplificazione del pensiero cristiano (come superficialmente alcuni hanno osservato), si rivela una sapienza incarnata, capace di parlare al cuore dell’uomo contemporaneo con la forza dell’esperienza e la profondità del Vangelo. Questa teologia “che sa di popolo” ci sfida a uscire dalle nostre autoreferenzialità e a costruire insieme un futuro più umano e più in armonia con il progetto di Dio, piuttosto che i progetti virtuali dell’intelligenza artificiale e della post-human condition.
O ra, sic stantibus rebus, a me pare che il magistero di Leone XIV sarà sicuramente decisivo per le questioni sociali già indicate, ma sarà ancora più promettente per gli sviluppi che dovrà necessariamente costruire con una teologia sapienziale capace di ritessere l’unità culturale di tutti i cattolici, aprendosi a una nuova sinodalità di pensiero con tutti gli uomini di buona volontà, aperti a un “pensiero” creativo, diversamente credenti o non credenti che siano. Nel merito, allora, si potrà ricordare che Leone XIII scrisse la Rerum novarum, grazie al fatto che “prima” scrisse l’enciclica Aeterni Patris.
Una “nuova Aeterni Patris” di Leone XIV – avvantaggiandosi degli sviluppi della teologia del Vaticano II – manifesterà il senso del ministero petrino come “sacramento di unità“ non solo della Chiesa cattolica ma anche di tutti gli esseri umani, resilienti alle devastazioni dell’umano nelle tante forme di barbarie esistenti: il Papa conferma tutti i cattolici nella fede in Cristo e “conferma” tutti gli esseri umani nella dignitas infinita della loro umanità, creata nell’immagine e nella somiglianza dell’umanità di Cristo, manifestata nella storia attraverso l’incarnazione, ma sempre presente nell’intimità di Dio, nel generarsi eterno del Figlio dal Padre, nell’amore dell’Eterno Padre ( Aeterni Patris).
È questo il vero fondamento di quella “antropologia viva” a cui Leone XIV ha richiamato i vescovi italiani, dichiarando senza mezzi termini che nel dibattito pubblico sull’intelligenza artificiale l’appello all’etica non è sufficiente: «Senza una riflessione viva sull’umano – nella sua corporeità, nella sua vulnerabilità, nella sua sete d’infinito e capacità di legame – l’etica si riduce a codice e la fede rischia di diventare disincarnata». Da qui l’auspicio che sia l’antropologia cristiana lo «strumento essenziale per il discernimento pastorale». E, d’altra parte, la dottrina sociale della Chiesa non appartiene forse al campo della teologia e della teologia morale, secondo la Sollicitudo rei socialis (n. 41) di san Giovanni Paolo II?
*Presidente Pontificia Accademia di Teologia