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13 Novembre 2025
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13 Novembre 2025La mala educazione Una cosa si poteva riconoscere al ministro Valditara: in mezzo a tante critiche, non aveva mai perso la calma. Ha scelto di perderla ieri, nel luogo apparentemente meno adatto: il parlamento
Una cosa si poteva riconoscere al ministro Valditara: in mezzo a tante critiche, non aveva mai perso la calma. Ha scelto di perderla ieri, nel luogo apparentemente meno adatto: il parlamento. Quel «vergognatevi» improvviso, rivolto ai banchi dell’opposizione, lo possiamo interpretare in due modi. Il primo è il più facile: se si arrabbia, forse il ministro è nervoso. È stato il suo stesso partito a combinare un pasticcio, prima votando in ottobre un emendamento al disegno di legge sul consenso informato che avrebbe vietato organizzare attività di educazione sessuale e affettiva nelle scuole medie; quindi ritirando, lunedì, lo stesso emendamento.
Valditara alla Camera è andato a spiegare che chiedere un consenso ai genitori non equivale a vietare l’educazione sessuale, (il che in fondo è vero: la rende solo più complicata, specie per i figli di eventuali genitori abusanti, che difficilmente firmeranno il consenso). Anzi, l’educazione sessuale/affettiva è prevista dai «programmi», ovvero le Indicazioni nazionali (sì, ma le indicazioni del secondo ciclo le stiamo ancora aspettando: e se il genitore non firma, anche le indicazioni restano lettera morta).
Nel frattempo le opposizioni lo accusano di non fare nulla contro i femminicidi, ecco, è una vergogna: Valditara sbotta e si indigna. Questa è l’interpretazione più semplice, e quindi potremmo contentarcene.
Ne suggerisco comunque un’altra. Valditara non sbotta subito, ma al termine di un intervento di diversi minuti, esattamente quando vuole perderla, come un attore che conosce il pubblico della sua performance: non tanto i perplessi deputati, ma i consumatori di clip sui siti giornalistici e sui social. È in rete che il suo «vergognatevi» verrà ritagliato e rimpallato, a sintetizzare un argomento immediato: non è vero che la scuola non fa nulla contro i femminicidi, chi lo sostiene deve vergognarsi. I deputati hanno un bel da indignarsi: anche la loro reazione sullo sfondo fa parte di una strategia comunicativa efficace e tutt’altro che improvvisata.
Dopodiché, se insistono, Valditara può anche riprendere la parola e fare qualche passo indietro: non ha nessuna importanza, la clip nel frattempo è già stata confezionata e pubblicata. Valditara non è certo il primo, né sarà l’ultimo, a utilizzare il parlamento come un teatro di posa dove mettere in scena uno spot elettorale; vale però la pena di notare come lo spot indichi un’importante rimessa in discussione.
Fino a qualche giorno fa pensavamo che gli elettori della Lega, e in generale della maggioranza, condividessero un’ossessione per il «gender» sbandierata dai propri rappresentanti. È l’ossessione che ritroviamo nelle parole del relatore del disegno di legge alla camera, il leghista Rossano Sasso: «Non potranno più entrare a scuola attivisti ideologizzati trans e Lgbt, drag queen, porno attori privi di competenze pedagogiche, per parlare a bambini e ragazzi di fluidità di genere, di utero in affitto e di confusione sessuale». Ecco, questa mitologia, se non è stata del tutto accantonata, non sembra più così centrale.
Valditara non ne parla: viceversa in aula ieri sembrava sinceramente preoccupato del fatto che le sue riforme possano essere collegate all’emergenza dei femminicidi. È come se qualcuno, nella stanza dei bottoni, si fosse accorto che gli elettori tutto sommato non si bevono le storie dell’educazione affettiva affidata a pornodivi o drag queen, e sono viceversa molto più preoccupati per le difficoltà dei propri figli nella sfera affettiva, o anche solo delle malattie infettive.
Un bagno di realtà che però arriva quando il disegno di legge ormai è stato confezionato, e più di tanto non si può emendare: per quanto Valditara possa sbraitare nelle clip, dall’anno prossimo fare educazione sessuale nelle scuole sarà oggettivamente più difficile, a causa di una legge voluta dalla Lega. E torniamo dunque alla spiegazione più semplice: se Valditara in parlamento sembrava nervoso, forse lo era davvero.





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