
My Generation
5 Dicembre 2025
La macellerie Busso riapre con una nuova proprietà
5 Dicembre 2025di Pierluigi Piccini
La rinuncia a un assessorato strategico non è un dettaglio. È il sintomo di una città che si convince di poter funzionare anche senza una guida piena, come se l’assetto amministrativo fosse una variabile secondaria. Ma oggi Siena non può permetterselo: non quando i servizi essenziali chiedono una direzione precisa, non quando la città è fragile.
Il punto è un altro. Siena ha perso il proprio baricentro. Per decenni ha vissuto dentro un equilibrio che teneva insieme università, lavoro pubblico, banca e turismo regolato. Quel sistema è finito, e non è arrivato nulla a sostituirlo. Siena (Rosanna Salluce) continua a guardarsi allo specchio come se il quadro intorno fosse fermo, mentre tutto si è mosso.
Intanto il territorio sta trovando la propria strada (Agnese Carletti), con alcuni limitati punti di crisi: Non come blocco indistinto, ma come insieme di identità che si sono riorganizzate.
L’Amiata ha puntato su energia, manifattura e agroalimentare di qualità.
La Valdelsa si è consolidata come area industriale e logistica competitiva.
La Val di Chiana ha costruito un modello che tiene insieme produzioni certificate, ospitalità diffusa e piccola impresa.
Le Crete e la Val d’Arbia hanno trasformato il paesaggio in risorsa, con un’economia lenta, culturale, agricola.
Il Chianti senese resta un brand internazionale fondato su agricoltura d’eccellenza e turismo alto.
In mezzo a tutto questo, il capoluogo è rimasto l’unico luogo senza una funzione riconoscibile. Paradossale: mentre la provincia si definisce, Siena resta sospesa.
E oscilla.
Tra un turismo che cresce senza essere orientato, una vocazione universitaria evocata più che costruita, e il ricorso ciclico alla formula degli eventi come cura universale. Ma nessuna di queste direzioni, da sola o sommate, genera un progetto. Manca una scelta.
Un disegno credibile dovrebbe partire dal rafforzare la città come città: sanità, mobilità, servizi, formazione. Senza questa base non rimangono né residenti né imprese. E scegliere di non presidiare politicamente questo campo significa non comprenderne la centralità.
Serve poi un ecosistema della conoscenza che non sia uno slogan. Università, ricerca applicata, imprese e pubblica amministrazione devono stare nella stessa cornice. Biotecnopolo, patrimonio culturale, energia e digitale hanno senso solo così.
Infine, bisogna ricucire il rapporto con il territorio. Oggi è la provincia a crescere più di Siena. È un’inversione di ruolo che molti non hanno ancora accettato: non è più la provincia ad aver bisogno del capoluogo, ma il contrario.
Per questo le discussioni sulle deleghe o sui rimpasti rischiano di essere un alibi. Il problema non è chi copre cosa, ma l’assenza di un orientamento. Senza una definizione del ruolo di Siena dentro il sistema economico e territoriale, ogni mossa sarà reattiva, non strategica.
E in un territorio che corre, restare fermi significa diventare l’anello debole.
Il nodo è tutto qui: decidere che cosa Siena vuole essere.
Il resto è rumore di fondo.





