di Marcello Sorgi
Al primo Consiglio dei ministri dopo le vacanze, dedicato soprattutto alla soluzione del problema Tim, la sostanziale rinazionalizzazione della rete telefonica, Meloni ha tracciato un programma per l’autunno, che se non sarà “caldo”, come aveva detto, non sarà neppure roseo, vista la congiuntura economica. Lo si deduce dai numerosi richiami che la premier, in pieno accordo con il ministro dell’Economia Giorgetti, ha fatto agli altri membri del governo, invitati a fare una specie di spending review, per eliminare spese inutili, tagliare retaggi del passato anche se hanno costi politici oltre che materiali, muoversi insomma con “disciplina”, evitando le polemiche.
Nel richiamo a Giorgetti, che nelle occasioni pubbliche in cui gli è capitato di parlare di recente ha detto e ridetto che anche quest’anno non c’è da scialare, qualcuno ha voluto vedere un riferimento a Salvini e alla sua riforma di “Quota 41” per le pensioni, che probabilmente dovrà essere rinviata o modificata anche quest’anno, per i costi insopportabili che avrebbe. Piuttosto Meloni vorrebbe confermare il taglio del cuneo fiscale, quei cento euro lordi in busta paga per le fasce di reddito più basse, che appunto, se cancellato, provocherebbero una decurtazione delle buste paga, e caratterizzare la nuova manovra, che sarà resa nota il 27 settembre con la presentazione della Nadef, la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, con misure in appoggio alla natalità e alle famiglie. Ma la discussione è appena aperta, e l’invito di Meloni ai suoi ministri è di non fare come al solito e presentarsi davanti a Giorgetti con una lista della spesa per la quale non ci sono fondi che bastano.
Sfrondata dell’indispensabile dose di propaganda (l’orgoglio per il fatto che l’Italia va meglio di Francia e Germania, le accuse a Conte per aver introdotto il Superbonus edilizio che avrebbe provocato ben 12 miliardi di truffe allo Stato e così via), quella di Meloni è un’analisi responsabile della situazione, con un invito all’austerità nelle spese e a alla condivisione delle scelte politiche, senza mettere cappelli o bandierine sulle singole iniziative del governo, in tutto e per tutto necessari, ma che difficilmente saranno accolti con gioia dai ministri alla vigilia delle elezioni europee.