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Salvatore Silvano Nigro, negromante adelphiano e critico princeps, una volta ha detto che Giorgio Manganelli pubblica più da morto che da vivo. E Lietta, figlia e vestale del culto manganelliano, non solo si diverte a ripeterlo («È vero, da quando non c’è più continua a uscire un libro dietro l’altro»), ma fa di tutto perché ciò succeda. Lietta propone nuove edizioni agli editori, le autorizza, le amplia, scova inediti, inventa nuove raccolte, le promuove, ispira studi, ricerche, lavori. «Non le dico quanti studenti chiedono di fare tesi di laurea su mio padre». Che infatti è più vivo che mai. «I giovani lo adorano. Sono i professori che a volte si sono dimenticati chi è…».
Già, chi è Giorgio Manganelli? Tralasciamo titoli e cariche (scrittore, insegnante, traduttore, giornalista, critico letterario, curatore editoriale, teorico della neoavanguardia). «Era uno che prendeva personaggi reali e poi li faceva camminare su e giù per l’alfabeto, tirandoci fuori delle storie», è l’idea che si è fatta nel corso del tempo Lietta – la figlia amatissima, la figlia che lo ha amato tantissimo che oggi vive in una frazione del comune di San Giuliano Terme, Arena Metato, nella provincia di Pisa, ha 77 anni, le gambe che funzionano poco e si dà da fare girando sul suo trono a rotelle. «Mio padre creava invenzioni. Non vuol dire che diceva menzogne». Quelle le lasciava dire alla letteratura. «Solamente quando la realtà non gli piaceva, la cambiava. Si continua a dire che Giorgio Manganelli è nato a Milano in via Boscovich al numero 4. Ma non esiste né è mai esistita una casa al numero 4, anzi una volta la via iniziava col numero 14… Non so perché, a un certo punto ha inventato questa cosa. Così come la storia della fucilazione durante la guerra… Era stato condannato a morte come rappresaglia per un’azione partigiana in cui era stato ammazzato un comandante delle Brigate nere, e fu salvato all’ultimo momento per l’intervento del padre della vittima, che lo riconobbe come l’insegnante d’inglese della figlia. Questa è la storia vera. Ma a lui forse non piaceva dover dire che era stato salvato da un fascista, e così s’inventò che era stato un russo che disse ai partigiani: Cosa fate?? Non vedete che è solo un ragazzino, lasciatelo andare…. Ma papà in quel momento aveva 22 anni…».
Scopritore di scrittori, ideatore di libri, creatore di storie, Giorgio Manganelli in realtà non inventava le cose. Era solo bravissimo a guardarle da un’altra prospettiva. Nuova. Diversa. Inedita.
E tra cose nuove, diverse, inedite ecco una centuria di volumi che arrivano contemporaneamente in libreria in occasione del suo compleanno (il 15 novembre, del ’22; a proposito: auguri). Ecco i Manganelli che ci piacciono!
(Avercene di sovraffollamenti così).
Si parte. Ci sono le Lettere familiari (Nottetempo), già uscite anni fa da Aragno – ma ora se ne è aggiunta qualcuna mai letta prima, e c’è anche un lungo testo di Giorgio Vasta – che tutte insieme raccontano della fidanzata e poi moglie Fausta Chiaruttini; della figlia Amelia Antonia, detta Lietta («Sono io… cresciuta per un periodo dai nonni ma che sono stata sempre vicina a mio padre»), del fratello Renzo e della mamma… tra progetti (innumerevoli), problemi (forse ancora di più), desideri (insomma…), fantasticazioni (continue), attese (eh…), inciampi (capitano sempre), delusioni (anche quelle), tormenti (tanti) e ambizioni (frustrate)… Drammi quotidiani d’autore.
Poi c’è Il vescovo e il ciarlatano (Sellerio), curato da Caterina Cardona, che, fra inconscio e letteratura, raccoglie i saggi e gli articoli dedicati da Manganelli a Ernst Bernhard (dal quale fu in terapia per anni, a Roma) e a Freud, Carl Gustav Jung, Oliver Sacks e altre bizze letterarie, il tutto concluso con uno scritto psicoanalitico di Emanuele Trevi che, fra folte foreste di simboli, spiega quale è la differenza fra nascere scrittori e diventarlo.
E ancora. C’è Il gatto di casa è un agente d’altri mondi (Graphe.it) che con una sontuosa prefazione di Antonio Castronuovo riprende un vecchio libro di una casa editrice romana che non c’è più, Quiritta, e vi aggiunge altri testi manganelliani sono tutti articoli usciti sul Giorno, Corriere della Sera, Messaggero e altre testate dal 1973 al 1990 che hanno come filo verde, come i marziani, i miti moderni, ossia: alieni, Ufo, fate e gnomi, sogni, nuove tecnologie (che Manganelli detestava), tra cui telefoni e videogiochi, e altre cose fantascientifiche e fantastiche. E come si dice in casi simili, i titoli degli articoli che trovate nell’indice valgono da soli la lettura.
Quindi una magnifica manganellata su uno dei suoi autori preferiti, e del quale ricorrono i 700 anni dalla morte: Marco Polo. Il mercante che inventò un mondo (Aragno), con una serie di scritti, risalenti agli anni 1973-86, mai raccolti prima in volume, a cura di Graziella Pulce, dedicati all’«uomo che inventò l’Oriente degli Europei»; e dove si trova anche una meravigliosa intervista immaginaria di Manganelli al mercante veneziano.
E infine, e siamo a ben cinque titoli (ma stanno per arrivare anche un libro con tutto il suo teatro e uno che raccoglie una serie di lezioni tenute in Rai su La rinascenza celtica), ecco una graphic novel. Titolo: Manganelli. Vita ipotetica e altre invenzioni (Rider Comics), scritto da Niccolò Testi e disegnato da Giulio Ferrara. Di fatto, un manga sul Manga.
Ma in cui la storia è vista dalla parte del drago, con la principessa che dice al santo-cavaliere Lascialo stare, è il mio animaluccio da compagnia!, e san Giorgio che piagnucola Ma non eravamo d’accordo che dovevo ammazzare il drago!?»…
A conferma che Manganelli non inventava storie. Ma faceva qualcosa di ancora più bello. Le cambiava.