È un fedelissimo di Lollobrigida ma su di lui pesa una sentenza del Consiglio di Stato che può essere un ostacolo alla quotazione in Borsa
di Ernesto Ferrara
Multiutility, rotta a destra. E con intrighi politici e giuridici che presto rischiano di trasformarsi in casi clamorosi. Il nome del manager più in vista della destra toscana, quel Francesco Macrì capo di Estra già ai tempi in predicato di fare il candidato governatore contro Giani e da tempo sodale di un fedelissimo della premier Meloni come Francesco Lollobrigida, viaggia spedito sui tavoli più riservati dell’economia e della politica toscana verso il ruolo di presidente della società nata per unire in un unico soggetto regionale la gestione di acqua, gas e rifiuti. Non è un accordo definito ma un ragionamento che sta maturando e che risponde alla logica dell’allargamento oltre il recinto fiorentino- pratese- pistoiese e oltre l’alveo fondativo targato Pd della società unica dei servizi. L’annessione di Estra, la società di Arezzo e Siena, è stata il primo passo nell’ottica di un’espansione che adesso deve dirigersi su tutto il sud Grosseto compresa, sulla costa verso Pisa e poi verso il nord e Massa. Tutti domìnii delle destre che fin qui hanno guardato alla multiutility con diffidenza ma che con una nuova regia politica e manageriale inclusiva verso la destra potrebbero entrare nel progetto con le loro spa. Peraltro spingendo anche laprospettiva di quella quotazione in Borsa che il Pd ha per il momento stoppato nonostante l’innamoramento iniziale di Firenze e Prato, dei sindaci Nardella e Biffoni, ma che rimane comunque nell’orizzonte dell’attuale amministratore delegato della multiutility Alberto Irace. Lui sarebbe destinato a rimanere in sella come ad mentre il pupillo di Fratelli d’Italia Macrì farebbe il presidente. E Lorenzo Perra, l’attuale presidente ex assessore nardelliano, potrebbe “ scalare” a vicepresidente, o acquisire un ruolo da super manager interno. Una specie di asse “ rosso- nero” che fa rizzare i capelli a molti nella sinistra toscana. Per ragioni politiche: la destra oggi guida la Fondazione cassa di risparmio di Firenze con Bernabò Bocca e con la multiutility prenderebbe un altro asset strategico. Ma anche lo scenario a ostacoli giuridico che si prospetta è un thriller. Una sentenza del Consiglio di Stato depositata lo scorso agosto ma passata piuttosto inosservata ha tirato una mazzata sulla prima nomina di Macrì alla presidenza di Estra: secondo i giudici quella nomina, nel 2017, non era legittima per via dell’incompatibilità con la legge Severino che impedisce incarichi in partecipate a ex politici fino a un tot di tempo. Successivamente Macrì, nel frattempo uscito indenne dal processo Coingas, è stato rinominato presidente di Estra, stavolta in maniera legittima. Ma sul passato ora si addensano nubi: per gli anni trascorsi in carica illegittimamente da Macrì, dentro il Pd si fa strada l’idea di interpellare la Corte dei Conti. E per quella stessa ragione tra i dem si teme che i requisiti di onorabilità che sono conditio sine qua non per la Borsa potrebbero venire a mancare alla multiutility.