Noi ammalati di alluvione
21 Settembre 2024Germania, dalle urne del Brandeburgo può uscire la fine della Cancelleria Scholz
21 Settembre 2024DOPO IL VOTO UE
Un gesto, un segnale. Ma il «no» bipartisan arrivato giovedì all’Europarlamento dai principali partiti italiani all’utilizzo senza limiti delle armi europee in territorio russo certifica che si tratta di un tema spinoso. Un rebus per Meloni (e per Schlein), e un bersaglio che oggi finirà al centro della marcia della pace e della fraternità di Assisi.
La guerra in Europa
Armi a Kiev, rompicapo per Meloni
La premier conferma la linea e glissa sull’asse tra Salvini e Orbán, più morbido verso Mosca. Tensioni destinate a salire fra test parlamentari e pressioni internazionali. Anche Schlein in sofferenza: il Pd è diviso e Conte lo sfida sul «pacifismo»
Roma
Giorgia Meloni guarda la parte piena del bicchiere, che è anche più di metà. Il giorno dopo il voto europeo sulle armi, le coalizioni sono divise e nelle coalizioni ci sono partiti in sofferenza o – è il caso del Pd – spaccato in più posizioni tra favorevoli, contrari, astenuti e assenti. Per la premier il problema delle divergenze con la Lega per ora non si pone. L’intesa piena con FI e la certezza di poter contare su Matteo Salvini quando è il momento di marciare uniti, tiene per ora la presidente del Consiglio in una botte di ferro. Anche in vista del delicato snodo dell’aumento delle spese militari in manovra (si dovrebbe passare dall’1,46 per cento del Pil all’1,6), e del decreto missioni militari di fine anno. O del probabile varo di un nuovo pacchetto di forniture belliche a Kiev.
Così, senza scossoni per la maggioranza, scorre via anche l’incontro di ieri tra il leader del Carroccio e il premier ungherese Viktor Orbán. Il vicepremier ospite a Budapest dal primo ministro ungherese, concorda sulla necessità di fermare il conflitto al più presto, e non perde l’occasione di tirare in ballo papa Francesco. Più ancora che per Meloni, poi, Orbán sfodera per il ministro delle Infrastrutture parole di stima profonda. «Abbiamo avuto un incontro eccellente con il patriota più ricercato d’Europa, Matteo Salvini. Grazie per la tua visita, Matteo! Sei il nostro eroe e sei sempre il benvenuto in Ungheria! », scrive Orbán su X.
Negli oltre sessanta minuti di confronto, i due parlano dei nuovi equilibri europei, ma anche della collaborazione tra Italia e Ungheria per lo sviluppo del porto di Trieste. Un porto a cui, viene sottolineato, Budapest guarda con particolare interesse in quanto sbocco strategico sul Mediterraneo.
Non si preoccupa Meloni, ma non si dà pena dei distinguo neppure Antonio Tajani. Le distanze con l’alleato sono evidenti, ma dice il leader di FI – Salvini e Orban «fanno
parte della stessa famiglia politica. È normale, non è la nostra. Noi siamo il Partito popolare europeo, abbiamo la nostra posizione che è diversa».
Tanti protagonismi che si risolvono in un unico voto, ragionano a Palazzo Chigi, dove è il risultato che conta. Un po’ il ragionamento che gira tra le stanze del Nazareno. Perché alla fine sul voto complessivo la linea dem di supporto a Kiev ha tenuto. I distinguo hanno riguardato l’autorizzazione ad usare le armi italiane fuori dai confini dell’Ucraina. Con una buona fetta di dem che si è espressa contro, scostandosi anche dalle direttive del gruppo socialista. Un vulnus, secondo l’area riformista, per nulla soddisfatta della «perdita dell’ancoraggio al Pse» e soprattutto in questa legislatura, dove il Pd arriva con la squadra più numerosa. Anzi, lamentano gli eurodem della minoranza, a fronte dei suoi numeri, il Pd non ha brigato per avere incarichi all’interno dell’eurogruppo, che pure gli sarebbero spettati. E gli stessi si chiedono se non sia stata una scelta del vertice del partito, per potersi tenere le mani libere.
Di certo non è facile per Elly Schlein (che personalmente non ha mai negato di essere pacifista) restare ancorata alla linea atlantista, votare con l’Europa il sostegno all’Ucraina invasa da Putin, e fare insieme pressione sugli alleati europei perché si cerchi con maggiore convinzione una via per la pace. Non lo è anche e soprattutto per il pressing del M5s, che del pacifismo “senza se e senza ma” ha fatto la sua bandiera.
Impegnato nella sua complessa metamorfosi da grillino a contiano, il Movimento coglie l’occasione per puntare i riflettori sul Pd. Chiara Appendino, figura sempre più di riferimento dell’entourage dell’ex premier, pungola la segretaria Pd, e mutuando una sua frase, rimarca che se la linea di Schlein è «testardamente unitaria» con i partiti di opposizione, «io dico che noi siamo testardamente pacifisti. Non per una questione elettorale ma per una questione di buon senso». Al contrario, aggiunge, «abbiamo visto il Pd votare di nuovo per la guerra. Io penso che abbia perso un’occasione per dare un segnale importante per la pace». E tanto per rilanciare, il M5s oggi alla marcia di Assisi sarà rappresentato dal suo stesso leader. «Facciamoci sentire, alziamo la testa – ha scritto giorni fa Giuseppe Conte -. Fermiamo insieme questa deriva bellicista». E a ridosso del voto europeo ha aggiunto ancora: «Il Parlamento europeo apre la strada all’utilizzo delle armi occidentali nel territorio russo. Vogliono portarci in guerra con la Russia? Siamo a un passo dal baratro. Il M5s si è schierato nuovamente contro, compatto, convinto».
Conte respinge le accuse di chi lo vuole amico di Putin, come anche il suo ex alleato Salvini. Al festival di Open, a Milano, precisa: «Noi non siamo filorussi, siamo amici della Russia ma non filoputiniani, che nessuno abbia a fraintendere la nostra battaglia per la pace, non significa che non abbiamo condannato un’aggressione da condannare in violazione di qualsiasi principio del diritto internazionale. Combattiamo questa strategia delle armi a oltranza e dell’escalation militare, ma che nessuno abbia a fraintendere». Anche in questo caso i distinguo tra Pd e M5s, al contrario di quelli della maggioranza, allargano il solco delle distanze. Ne è riprova il commento del riformista dem Filippo Sensi che condivide un post dei 5s che parla degli emendamenti presentati a Bruxelles dal Movimento «alla risoluzione europea sul sostegno all’Ucraina: no armi e supporto militare a Kiev, condanna del neonazismo nelle forze armate ucraine». Commenta Sensi: «Senza vergogna».