Due giorni fa è stato arrestato a Mosca il regista moldavo Artur Aristakisyan, lo riporta «Ovd-Info» e il canale telegram «NeMoskva Says». In procinto di partire per Istanbul, Aristakisyan è stato bloccato all’aeroporto di Vnukovo dove, dopo aver superato il controllo passaporti, è stato arrestato dalla polizia che gli ha sequestrato i suoi effetti personali e il telefono. Successivamente, sarebbe cessata ogni comunicazione con il regista, che sarebbe stato portato alla stazione di polizia del dipartimento degli affari interni del distretto russo di Begovaya.
I CONOSCENTI di Aristakisyan suggeriscono che la detenzione sia correlata alle sue pubblicazioni e ad alcune dichiarazioni contro la guerra. Il regista insegna alla Moscow School of New Cinema e all’Institute of Liberal Arts and Sciences dell’Università Internazionale di Mosca (MMU) a proposito della quale diversi canali vicini a Putin hanno affermato che «forma quadri anti-russi» e «avvelena gli studenti con l’antipatriottismo». Sembra che in concomitanza con l’arresto del regista, che rischierebbe fino a quindici anni di detenzione, ci siano state ispezioni in entrambi gli atenei.
Aristakisyan nasce nel 1961 a Kishinev, Moldavia, in una famiglia di origine armena. Si trasferisce poi a Mosca per studiare cinema. Ha realizzato solamente due film, che vengono però ricordati per il loro forte impatto sulla critica. Ladoni (Le palme delle mani, 1993) è incentrato sulla comunità di emarginati e senzatetto di Kishinev, dove il regista visse per alcuni anni. Realizzato in bianco e nero e diviso in dieci capitoli, questo popolo di poveri si riversa nelle strade delle città dopo il crollo del regime comunista, laddove prima viveva nascosto dalla propaganda. Tra realismo e suggestioni liriche, la crudezza dell’emarginazione sociale non può più essere occultata e diventa l’unica via per una possibile redenzione.
Il secondo film di Aristakisyan, L’ultimo posto sulla Terra (2001), presentato alla Quinzaine a Cannes, racconta la comunità Tempio dell’amore dove donne e uomini devono vivere con storpi, pazzi e mendicanti per donare a loro amore fisico e spirituale. «La comune di Mosca in cui ho vissuto è in realtà un unico momento di vita, e insegna un tipo di esistenza che permette di aprirsi a nuove esperienze. Ci trovavamo a vivere in ampie stanze spoglie di qualsiasi oggetto o mobile, in un palazzo abbandonato e in grandi spazi. Eravamo un’unità, una cosa sola. Lì dove ho vissuto ho poi girato le scene del mio film» aveva dichiarato il regista. La sua opera in Italia è conosciuta soprattutto grazie ad Enrico Ghezzi, con cui aveva condiviso una masterclass a Roma nel 2016.