Francesco Lombardo, candidato con Fratelli d’Italia al consiglio comunale di Palermo, è stato arrestato con l’accusa di voto di scambio politico mafioso. Il peso del condizionamento mafioso, nelle elezioni di domenica prossima, è sempre più rilevante. Proprio tre giorni fa era finito in carcere per lo stesso reato un altro candidato, Pietro Polizzi, in corsa nelle liste di Forza Italia.
La polizia di Stato ha arrestato Lombardo, ma anche Vincenzo Vella, già condannato per associazione mafiosa e libero dopo l’annullamento da parte della corte d’Appello di una ulteriore condanna a vent’anni di carcere. Gli investigatori continuavano a indagare su Vella, ritenuto il boss di Brancaccio, e lo hanno intercettato e pedinato. Lo scorso 28 maggio, il candidato del partito meloniano gli avrebbe chiesto sostegno per le elezioni comunali.
L’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido, replica lo stesso schema di quella che aveva coinvolto Polizzi e il costruttore mafioso Agostino Sansone, membro di una famiglia di peso, i padroni della villa dove soggiornava Totò Riina negli ultimi mesi della sua lunghissima latitanza. Intercettato nel suo comitato elettorale, Polizzi diceva ai suoi amici: «Se sono potente io, siete potenti voialtri». Un messaggio chiarissimo.
Polizzi è stato interrogato dal giudice, nelle scorse ore, e ha negato ogni tipo di patto elettorale, ma non ha potuto che confermare la frase intercettata al centro degli atti che hanno portato al suo fermo annunciando il ritiro dalla competizione. Gli arrestati, due aspiranti consiglieri nelle liste a sostegno del candidato a sindaco di centrodestra Roberto Lagalla, e due uomini della mafia rispondono del reato di voto di scambio politico mafioso.
Arresti che si aggiungono al sostegno espresso a Lagalla da due politici nazionali e, nel recente passato, condannati per reati di mafia. Totò Cuffaro, condannato per favoreggiamento, e Marcello Dell’Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, tifano Lagalla, un sostegno che aveva provocato polemiche e critiche.
Al sostegno dei pregiudicati Cuffaro e Dell’Utri ora si aggiungono gli accordi elettorali tra candidati e uomini della mafia proprio a 30 anni dalle stragi di Cosa nostra. Un trentennale che più che segnare una svolta da quella stagione di compromessi e sangue, assume i contorni drammatici della continuità.