E gli altri partiti? Da Fratelli d’Italia, risponde al Fatto il capogruppo in commissione Cultura Federico Mollicone: “La legittimazione di un Paese democratico si fonda anche sui principi di trasparenza e responsabilità, senza tralasciare la sicurezza nazionale. Riconosciamo le colpe di Assange, ma anche il valore nell’aver messo in luce alcune opacità del sistema democratico”. Insomma? “Lo ha fatto nel modo sbagliato, mettendo a repentaglio operazioni militari e di intelligence. Esistono procedure consolidate per il whistleblowing, per la denuncia sistematica di violazioni, cosa che Assange ha superato mettendo a rischio la sicurezza nazionale”.
Da Forza Italia ecco Maurizio Gasparri: “Non ne abbiamo discusso al nostro interno, non c’è una linea condivisa come gruppo”. Ma la sua posizione personale? “Assange non è che mi entusiasmi, è un personaggio discutibile”. E infatti qualche mese fa il senatore forzista Franco Silvestro criticò la cittadinanza onoraria concessa ad Assange a Napoli, perché “quando gli interessi nazionali vengono tirati in ballo mettendo a repentaglio vite di civili e di militari violando il segreto di Stato corre l’obbligo di porsi delle domande”. Le stesse che ancora oggi si pone il senatore Claudio Fazzone: “Non conosco i fatti, non posso giudicare”. Certo i 175 anni anni di carcere fanno impressione. “Sono avvocato, non mi permetto di dare giudizi senza conoscere bene le cose”.
Si riflette pure tra i centristi. Maurizio Lupi è dubbioso: “La questione è oggettivamente controversa. Noi siamo sempre per la difesa delle prerogative individuali delle persone, ma in questo caso c’è il tema della protezione dei dati della sicurezza nazionale…”. Un rompicapo: “Fanno effetto i 175 anni di condanna, ma è normale che quando si entra nel campo della rivelazione di segreti si sommino pene alte”. E se i vertici della Lega non si espongono, parole nette arrivano invece dal deputato Luca Toccalini, segretario della giovanile del Carroccio: “Il mio parere personale è che sia esagerato considerarlo un eroe, ma viva la libertà. Lo considero uno dei tanti perseguitati di questo mondo. Una condanna a 175 mi sembra un tantino esagerata…”.
E il Pd? Finora è andato in ordine sparso, soprattutto nei Comuni in cui si votavano onorificenze per Assange (talvolta bocciate dal centrosinistra). In mancanza di comunicati del Nazareno, proviamo a incalzare qualche eletto. Se il deputato Roberto Morassut ammette di “non aver seguito abbastanza la vicenda per poterne dare un giudizio che non sia banale”, al Fatto parla il senatore Luciano D’Alfonso: “Assange in questo tempo vuol dire ‘democrazia’, che deve significare ovunque possibilità di conoscere e di rendere dicibile il più possibile. Le sanzioni, soprattutto se pretese dagli Stati, devono incontrare il limite invalicabile della vita umana e della sua dignità”. In attesa di sapere se questa è anche la linea della segreteria.