Tahar Ben Jelloun
Danilo Ceccarelli
Parigi
«L’antisemitismo in Francia, in Belgio e anche in Olanda è sempre esistito, non è certo un problema recente». Lo scrittore franco-marocchino Tahar Ben Jelloun, nato a Fès 78 anni fa, quando parla dei tanti episodi contro gli ebrei avvenuti in terra d’oltralpe dopo lo scoppio della nuova crisi mediorientale torna indietro nel tempo fino a citare l’affaire Dreyfus: un caso politico e sociale risalente alla fine del 19° secolo, quando un capitano ebreo dell’esercito francese fu accusato ingiustamente di spionaggio. A partire da quell’episodio «c’è sempre stato un razzismo anti-ebrei nelle mentalità europee», afferma Ben Jelloun, secondo il quale «non è un problema dovuto alla Palestina». Dopo il 7 ottobre, data dell’attacco di Hamas ad Israele, in Francia si sono verificati un migliaio di casi di matrice antisemita, di cui 257 nella regione parigina. «È un razzismo che negli ultimi 20 anni in Francia non ha mai smesso di progredire», spiega lo scrittore, che a fine mese uscirà in Italia con L’Urlo, un libro pubblicato da La Nave di Teseo, dove sono stati raccolti i suoi pensieri sul conflitto mediorientale scritti negli ultimi giorni. Parlando della minaccia crescente contro gli ebrei di Francia, Ben Jelloun prende come esempio l’attentato avvenuto nel 2012 a Tolosa, dove un terrorista franco-algerino, Mohammed Merah, ha ucciso 7 persone, tra cui tre bambini ebrei. L’aggressione avvenuta sabato sera a Lione contro una donna ebrea, che ha ricevuto a casa sua due coltellate da un uomo che ieri era ancora ricercato, ha contribuito ad aumentare la tensione in un Paese già scosso, sebbene il movente dell’attacco debba ancora essere accertato.
Ben Jelloun, ma allora in Francia non c’è un aumento della minaccia nei confronti della popolazione di confessione ebraica?
«Ma certo che c’è! Alcuni idioti approfittano di questa situazione per seminare l’antisemitismo nel Paese. Quelli che recentemente hanno intonato in metro delle canzoni inneggiando al nazismo, le cui immagini sono circolate sui social, sono degli adolescenti che non sanno nemmeno quello che dicono. Sono molto più gravi le stelle di David rinvenute su alcune abitazioni, come si faceva negli Anni 30 per indicare le case degli ebrei. L’antisemitismo in Francia è una realtà che non bisogna prendere alla leggera. Si tratta di un fenomeno grave, che è sempre stato incoraggiato dall’estrema destra».
E quali sono le ragioni di questa escalation?
«In realtà è molto difficile dirlo. Qualcuno sostiene che la crisi in corso nel Medio Oriente influisca, ma credo abbia un’ascendenza minima. L’odio per gli ebrei non necessita di cause perché il razzismo non ne ha mai bisogno. Quando si dice ad una persona “sporco arabo” o “sporco ebreo” non ci si riferisce certo a quello che ha fatto, ma a quello che è».
I recenti attentati ad Arras, nel Nord della Francia, e a Bruxelles fanno temere una nuova ondata di attentati sulla scia delle tensioni in Medio Oriente. Stiamo parlando di una paura fondata?
«Quello che avviene a Gaza preoccupa i Paesi vicini, come Egitto, Giordania o Iraq, perché sono interessati direttamente da quello che succede nella regione. Non vedo come si possa portare questo conflitto in Europa».
Oltre agli aspetti legati alla sicurezza, ci sono quelli sociali. Sabato a Parigi è stata autorizzata una manifestazione a favore della pace e del popolo palestinese dopo i tanti divieti che nei giorni precedenti hanno impedito cortei e raduni di questo genere.
«La scorsa settimana il ministro dell’Interno Gérald Darmanin aveva deciso di multare con 135 euro chi scendeva in strada per manifestare a favore della Palestina. È stato fatto un passo in avanti».
Intanto gli attacchi israeliani a Gaza continuano.
«Stiamo assistendo ad una guerra genocida. È una vendetta contro le popolazioni civili palestinesi. È vero che Hamas ha compiuto un orrore, ma adesso Israele sta punendo tutta una popolazione. Dinnanzi all’opinione internazionale sta avvenendo un massacro di civili, con crimini di guerra denunciati anche dal segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, e dall’Oms. Migliaia di bambini sono morti a causa delle bombe, delle ferite che non possono essere curate perché non ci sono soccorsi adeguati sul posto, dove scarseggia anche l’acqua potabile. Tutto ciò è indegno per uno Stato che avrebbe potuto fare la pace ma non ha mai voluto realizzarla. Questo è un genocidio totale e senza pietà compiuto dal governo di Benjamin Netanyahu che oggi denuncio con fermezza».
Come si è arrivati ad una simile situazione?
«L’attacco di Hamas è stato preparato molto tempo prima. Ma ci sono state anche delle condizioni che hanno portato all’aggressione: l’embargo su Gaza, le umiliazioni subite dai palestinesi, i bombardamenti lanciati ad ogni mossa di Hamas. La responsabilità di quest’ultimo è importante, però ci sono anche tanti errori fatti da Israele».
L’ipotesi di una tregua richiesta a gran voce dalla comunità internazionale sembra ormai un miraggio.
«Gli unici in grado di imporre una tregua a Israele sono gli Stati Uniti. Ma Joe Biden è molto affaticato e ha delegato Antony Blinken il dialogo. Il premier Netanyahu, però, è un uomo intrattabile. Ha già umiliato Barack Obama quando era Presidente e non accetterà quello che gli verrà detto da un Segretario di Stato. L’America dovrebbe però mettere fine a questa guerra. È nell’interesse di tutti, anche di Israele».
Con questa nuova crisi la soluzione dei due Stati è definitivamente compromessa?
«Ma è impossibile da realizzare! Se si guarda la ripartizione del territorio sembra di vedere una groviera con dei buchi. Ai palestinesi è stato accordato solo il 18%. Non si può creare uno Stato in un simile contesto. È necessario prima di tutto che Israele riconosca i diritti dei palestinesi, negozi con loro un territorio e metta fine alla colonizzazione e all’occupazione. Oggi non vedo come si possa arrivare a questo e la guerra non farà altro che aggravare la situazione. I massacri non hanno mai risolto nulla».