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18 Dicembre 2023di Alessandro De Angelis
Breve rassegna dei film di Natale della politica italiana. Al “cinema Atreju” va in scena il cinepanettone meloniano. Quel che conta, per lei, è solo l’incasso al botteghino, mica il premio della critica o la ricerca di un nuovo pubblico dal palato raffinato. Tradotto: l’importante è consolidare il consenso conquistato, magari rosicchiandone ancora a destra, non parlare agli altri. Il discorso di Giorgia Meloni, molto emozionale e nazional-populista, per quel pubblico da “trenta per cento” è perfetto per attori (solo lei) e trama: la realtà è così edulcorata che pare Berlusconi coi famosi ristoranti pieni, la grossolanità contro gli avversari è naturale. E, dove non arriva l’autoelogio sull’economia che tira e il lavoro che abbonda, corrono in soccorso i tranquillanti ideologici: io sono io, sempre la stessa, il potere non ci corrompe (con buona pace di familiari, famigli, “amici di” piazzati ovunque). Serve a compensare, in un racconto che oscilla tra vittimismo dell’anti-sistema e autoesaltazione di governo, ciò che quel pubblico non vuole vedere come il flop sull’immigrazione. Ci pensa Eddy Rama, novello Babbo Natale che promette di prendersi i migranti, a dare l’illusione (farlocca) che qualcosa si fa, pur non essendo il blocco navale.
Ai “Tiburtina Studios” invece è andato in scena il cinema d’essai di Elly Schlein, per attempati cultori del genere. Un già visto, per attori e trama (con annessi tic e rancori). Sempre le stesse vecchie glorie: gente, come tutti gli ex premier invitati, che ha navigato in tutte le stagioni, che non paga mai pegno neanche dopo brucianti sconfitte, che terminato l’impegno in prima persona mira a tutelare il proprio ruolo da padre nobile – non si sa mai se prima o poi serve un reggente o un candidato al Colle quando sarà – e dunque guai a fare una battaglia vera. Sempre la stessa coazione a ripetere gli schemi: Prodi che ritorna, dice una mezza frase, poi il dibattito per iniziati sul “federatore” pur non essendoci una federazione, tutto intra moenia con poca gente. A proposito: alle Europee voterà chi ha emesso primo vagito quando il Professore cadde sul caso Mastella.
Da un lato, al cinema di destra, c’è comunque una sgangherata connessione col mondo attorno, anch’esso sgangherato. Mille limiti. Mille contraddizioni come quella tra le parole subalterne rispetto alla dimensione internazionale (dai vincoli di bilancio ai migranti) e gli ospiti come Abascal, tra la favola popolare e il palco col plurimiliardario Musk. Ma comunque è una cosa “viva”. E infatti c’è il popolo. Dall’altro il consumato deja vu non si misura col senso comune con l’obiettivo di cambiarlo. Zero sfida al governo, che non sia la riproposizione del politicamente corretto: le vecchie glorie, su cui Elly Schlein si appoggia perché si sente già sulla graticola, volano così alto da non incrociare la terra. Per carità, parlano bene, leggono libri, e cantano Bella ciao. Ma, essendo il loro film poco popolare, lasciano l’Italia solo ai cinepanettoni.