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La Corte suprema ha revocato il diritto costituzionale all’aborto in vigore da mezzo secolo, ribaltando la storica sentenza del 1973, Roe vs Wade con un voto 5-4, e spianando così la strada al divieto di aborto agli Stati gestiti dal Gop.
I giudici conservatori Clarence Thomas, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett si sono uniti all’opinione di Samuel Alito, che ha scritto l’opinione vincente, con il giudice capo John Roberts che ha presentato un’opinione concordante nel giudizio per sostenere la delibera, ma in disaccordo con il ragionamento alla base della decisione della maggioranza. Sfumature, quelle di Roberts, che non hanno cambiato la traiettoria di una sentenza che getta il Paese in un territorio inesplorato a livello politico, legale, sociale e sanitario.
Tutto è stato un terremoto al rallentatore.
LA SENTENZA della Corte Suprema riguarda la richiesta dello Stato del Mississippi di riconoscere la loro legge che vieta l’aborto dopo le 15 settimane. La sentenza del 1972 Planned Parenthood vs. Casey aveva stabilito, invece, che l’aborto è praticabile fino alla viabilità del feto, vale a dire quando è in grado di sopravvivere al di fuori dell’utero. Il parere di Alito, poi condiviso dagli altri giudici, è stato diretto: «La sentenza Roe v.Wade è nata sbagliata».
La decisione della Corte Suprema di ieri è stata il frutto di una battaglia legale che il Mississippi, con i gruppi politici e religiosi che si oppongono al diritto all’aborto, hanno cominciato partendo dalla causa costituzionale intentata dalla Jackson Women’s Health Organization contro la legge delle 15 settimane varata nel 2018, con l’intento specifico di arrivare alla Corte suprema.
Il principio era abbastanza semplice: con una Corte super conservatrice e praticamente nominata da Trump, cancellare Roe vs Wade sarebbe stata una passeggiata, ma per arrivare là era necessario superare una serie di passaggi intermedi rappresentati dai verdetti delle corti minori, molto più liberal. L’esame della Corte era poi iniziato lo scorso autunno.
La decisione di ieri era stata anticipata a inizio maggio, quando il portale di notizie online Politico aveva fatto trapelare la bozza della decisione scritta da Alito.
IL LEAK aveva scatenato una tempesta di reazioni e un’ondata di manifestazioni dei sostenitori del diritto all’aborto che si sono svolte in tutto il Paese, inclusa una protesta di più giorni davanti alla Corte suprema a Washington DC che aveva riportato le transenne attorno al palazzo, come non se ne vedevano dai tempi delle manifestazioni di Black Lives Matter di due anni fa.
Appena diffusa la notizia della decisione della Corte Suprema, il Congressional Black Caucus, guidato dal democratico Joyce Beatty, ha chiesto al presidente Biden di dichiarare un’emergenza nazionale, sostenendo che la decisione di limitare l’accesso alle cure per l’aborto «metterà in pericolo in modo sproporzionato» la vita dei neri americani. «Abbiamo visto com’era la vita prima di Roe vs. Wade, e l’America non può permettersi di tornare indietro», ha scritto Beatty.
LA CASA BIANCA si stava preparando silenziosamente per questo momento da mesi, ma il presidente ha affermato che nessuna azione esecutiva può colmare il vuoto sul diritto all’aborto lasciato dalla decisione della Corte. «La Corte ha fatto ciò che non aveva mai fatto prima: togliere espressamente un diritto costituzionale fondamentale per tanti americani che era già stato riconosciuto», ha affermato Biden durante un discorso alla Nazione che è arrivato poche ore dopo la pubblicazione della sentenza. Il problema ora si allarga, e sono in pericolo anche i diritti all’accesso alla contraccezione: il presidente ha affermato di stare dirigendo il dipartimento della Salute e dei servizi umani per garantire che la contraccezione resti disponibile per tutti, anche se gli stati cercano di limitarla. «La maggioranza conservatrice della Corte suprema mostra quanto sia estremista – ha detto Biden – La mia amministrazione utilizzerà tutti i suoi poteri legali appropriati, ma il Congresso deve agire, e con il vostro voto anche voi potete agire». Questa decisione infatti è destinata a condizionare le elezioni, poiché governatori, procuratori generali e altri leader locali avranno il potere di decidere quando e se l’aborto sarà consentito.
Una serie di dichiarazioni sono arrivate dai democratici, da Obama a Kamala Harris, da Nancy Pelosi a Elizabeth Warren, e i politici degli Stati a guida Dem hanno rassicurato sulla forza delle loro posizioni in difesa del diritto all’aborto. Ma questo non può bastare.
«CERCHIAMO di essere chiari al 100% – ha sintetizzato in un tweet il senatore dem del Connecticut Chris Murphy – Se tra 2 anni i repubblicani prenderanno il controllo della Camera, del Senato e della Casa bianca, passeranno il divieto nazionale dell’aborto». E a prescindere dallo stato «donne e medici saranno incarcerati per il fatto di esercitare l’assistenza sanitaria».