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10 Aprile 2024Bene così! Lo apprendiamo dal giornale…
10 Aprile 2024Secondo lo studio Gimbe siamo la seconda regione per soldi spesi in prestazioni: in un anno più 19,3%
Giulio Gori
I toscani che non si curano aumentano. Ma nella nostra regione cresce anche la spesa sanitaria pro capite. È quanto emerge dall’ultimo rapporto della Fondazione Gimbe, che fa trasparire il progressivo scivolamento delle cure verso il privato. In Toscana, infatti, la percentuale delle famiglie che nel 2022 hanno rinunciato alle prestazioni sanitarie è stata del 6,8%, appena al di sotto del 7% di media nazionale. Di contro, la spesa annuale delle famiglie per la salute è stata di 1.406 euro nel 2022, con un aumento del 19,3% rispetto ai 1.178 euro del 2021, e superiore alla media nazionale pari a 1.362 euro. Se in assoluto, le famiglie spendono di più che in Toscana in otto regioni, la nostra nel 2022 ha fatto segnare il secondo aumento più rilevante dopo la Puglia.
Cifre, queste, frutto di un’elaborazione di dati dell’Istat, che secondo il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta, «documentano solo in parte l’impatto del progressivo indebolimento del Sistema sanitario nazionale, perché non tiene conto di altri indicatori: infatti, la limitazione delle spese per la salute, l’indisponibilità economica temporanea e, soprattutto, la rinuncia alle cure sono fenomeni che, pur non aumentando la spesa out-of-pocket, contribuiscono a peggiorare la salute delle persone». Insomma, il dato sulla rinuncia alle prestazioni sanitarie è ancora più significativo dell’aumento della spesa nella sanità privata. Il rapporto di Gimbe spiega che «il 4,2% delle famiglie italiane dichiara di non disporre di soldi in alcuni periodi dell’anno per far fronte a spese relative alle malattie», mentre «il 16,7% delle famiglie italiane dichiara di avere limitato la spesa per visite mediche e accertamenti periodici preventivi in quantità e qualità». Insomma, se il minore ricorso alle cure è connesso all’aumento della povertà assoluta, cala in modo più marcato e più ampio un capitolo cruciale come la prevenzione.
A commento del rapporto di Gimbe arriva l’intervento del presidente dell’Ordine dei medici di Firenze, Pietro Dattolo: «Sono dati molto preoccupanti, credo che con l’autonomia differenziata questa situazione sia destinata a peggiorare. Andiamo verso una sanità divisa in due: chi ha soldi si può curare, chi non li ha rinuncia a curarsi. È una amara constatazione per noi medici che amiamo il servizio sanitario nazionale». Dattolo prosegue: «È un trend che è partito da lontano con politiche di privatizzazione del servizio sanitario nazionale. Ha cominciato l’allora presidente del Consiglio Mario Monti dicendo che il servizio avrebbe avuto bisogno del privato e, poi, sempre peggio con un definanziamento progressivo che adesso ha raggiunto i minimi storici. Un definanziamento che non può reggere vista l’epidemiologia che sta cambiando, con persone sempre più anziane e con malattie croniche. Occorre che l’Italia investa come stanno facendo altri Paesi europei. Non siamo contro il privato, ma non può esserci concorrenza con il pubblico, altrimenti chi può si cura, chi non può rinuncia perché le liste d’attesa sono lunghissime. Una situazione, inoltre, che si traduce in una maggiore spesa: perché se identifichiamo una patologia e la curiamo prontamente spendiamo meno soldi che identificandola fra due anni, quando si sarà cronicizzata. Lo ripetiamo da anni, e lo ripetono anche gli economisti: per ogni euro investito in sanità se ne guadagnano immediatamente quasi due».
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