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25 Maggio 2024La Chiesa e il Paese
Pubblichiamo integralmente la nota della Conferenza episcopale italiana sul tema dell’autonomia regionale differenziata per le Regioni a statuto ordinario, una riforma proposta dal governo a firma del ministro per gli Affari regionali e delle autonomie Roberto Calderoli (Lega) e già approvata nel gennaio di quest’anno dal Senato della Repubblica. Il disegno di legge è attualmente al vaglio della Camera dei deputati. Il testo della Cei, approvato dal Consiglio episcopale permanente mercoledì 22 maggio, nel corso dei lavori della 79ª Assemblea generale, raccoglie e fa proprie le preoccupazioni emerse dall’Episcopato italiano, espresse in diverse occasioni. E richiama altri documenti dei vescovi italiani: la “Lettera collettiva” del 1952; “Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno” del 1989; “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno” del 2010; “Episcopato meridionale, Lettera collettiva. I problemi del Mezzogiorno” del 1948.
«Il Paese non crescerà se non insieme». Questa convinzione ha accompagnato, nel corso dei decenni, «il dovere e la volontà della Chiesa di essere presente e solidale in ogni parte d’Italia, per promuovere un autentico sviluppo di tutto il Paese». È un fondamentale principio di unità e corresponsabilità, che invita a ritrovare il senso autentico dello Stato, della casa comune, di un progetto condiviso per il futuro. Sono parole molto attuali anche oggi, in cui si discutono le modalità di attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, secondo quanto consentito dal dettato costituzionale. Ed è proprio la storia del Paese a dirci che non c’è sviluppo senza solidarietà, attenzione agli ultimi, valorizzazione delle differenze e corresponsabilità nella promozione del bene comune.
Ci dà particolare forza l’esperienza di sinodalità delle nostre Chiese, grazie alla quale stiamo crescendo nella capacità di “camminare insieme” come comunità cristiane e con i territori e la comunità civile del Paese. In particolare, crediamo che la parola “insieme” sia la chiave per affrontare le sfide odierne e la via che conduce a un futuro possibile per tutti. Siamo convinti infatti – e la storia lo conferma – che il principio di sussidiarietà sia inseparabile da quello della solidarietà. Ogni volta che si scindono si impoverisce il tessuto sociale, o perché si promuovono singole realtà senza chiedere loro di impegnarsi per il bene comune, o perché si rischia di accentrare tutto a livello statale senza valorizzare le competenze dei singoli. Solidarietà e sussidiarietà devono camminare assieme altrimenti si crea un vuoto impossibile da colmare. Con Papa Francesco, ripetiamo che «la fraternità universale e l’amicizia sociale all’interno di ogni società sono due poli inseparabili e coessenziali. Separarli conduce a una deformazione e a una polarizzazione dannosa » (Fratelli tutti, 142). Da sempre ci sta a cuore il benessere di ogni persona, delle comunità, dell’intero Paese, mentre ci preoccupa qualsiasi tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie. In questo senso, il progetto di legge con cui vengono precisate le condizioni per l’attivazione dell’autonomia differenziata – prevista dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione – rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni, che è presidio al principio di unità della Repubblica.
Tale rischio non può essere sottovalutato, in particolare alla luce delle disuguaglianze già esistenti, specialmente nel campo della tutela della salute, cui è dedicata larga parte delle risorse spettanti alle Regioni e che suscita apprensione in quanto inadeguata alle attese dei cittadini sia per i tempi sia per le modalità di erogazione dei servizi.
Gli sviluppi del sistema delle autonomie – la cui costruzione con Luigi Sturzo, nel secolo scorso, è stata uno dei principali contributi dei cattolici alla vita del Paese – non possono non tener conto dell’effettiva definizione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale.
Di fronte a tutto questo, rivolgiamo un appello alle Istituzioni politiche affinché venga siglato un «patto sociale e culturale» (Evangelii gaudium, 239), perché si incrementino meccanismi di sviluppo, controllo e giustizia sociale per tutti e per ciascuno.