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Putin frena Trump: sì all’idea di tregua Ma rimane ancora tanto da discutere
Il leader del Cremlino, prima di incontrare l’inviato Witkoff, pianta subito paletti: ci sono sfumature importanti. Accenna a una telefonata con il tycoon, che a sua volta rinvia il faccia a faccia: non c’è tempo
New York
Mosca non dice no, ma ieri la possibilità di un cessate il fuoco di 30 giorni lanciata da Kiev e caldeggiata da Washington appariva quantomeno non immediata. Vladimir Putin non ne ha ancora discusso per telefono con Donald Trump, che il giorno prima aveva ventilato misure «molto devastanti» in caso di un rifiuto di una tregua da parte del Cremlino. Il presidente russo ha però descritto la sua posizione alla stampa, definendo il cessate il fuoco come un favore all’Ucraina che non riflette le condizioni di superiorità russa sul terreno. Quindi ha chiarito i suoi “paletti” per una tregua: «Siamo d’accordo con le proposte per porre fine alle azioni militari ma deve essere tale da portare a una pace duratura e rimuovere le cause profonde della crisi», ha dichiarato il capo del Cremlino, che poco prima aveva fatto pervenire alla Casa Bianca un elenco di punti imprescindibili per raggiungere la fine delle ostilità. Questi riprendono le richieste presentate in precedenza da Mosca e comprendono la mancata adesione di Kiev alla Nato, un accordo di non dispiegamento di truppe straniere in Ucraina e al riconoscimento della Crimea e di 4 regioni ucraine come russe. Per il capo della Casa Bianca, che ha parlato da Washington a fianco del segretario generale della Nato, Mark Rutte, si tratta di «dichiarazioni molto promettenti», di «notizie che le cose stanno andando bene in Russia», e a suo dire allontanano la possibile «delusione» di un rigetto russo del suo piano per la pace in Ucraina e confermano la sua fiducia in Putin, tanto da fargli escludere che la Russia attaccherà gli alleati degli Stati Uniti. « Non succederà » ha detto. Intanto il consigliere presidenziale russo Yuri Ushakov sosteneva che «il documento sul cessate il fuoco sembra affrettato. Dovremo riflettere e tenere conto anche della nostra posizione. Lì è esposto solo l’approccio ucraino». Il riferimento era alla proposta concordata dalle delegazioni americane e ucraine in Arabia Saudita, che secondo lui «non dà nulla alla Russia e rappresenta solo un’opportunità per l’Ucraina di riorganizzare le sue forze». Mosca ha anche chiuso la porta a un’altra idea discussa a Gedda, vale a dire l’invio di peacekeeper (che Washington vorrebbe europei) in Ucraina per garantire il rispetto di una tregua. «Il dispiegamento di forze armate di altri Stati in Ucraina sotto qualsiasi bandiera è assolutamente inaccettabile» ha detto la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, ammonendo che uno scenario del genere «comporterebbe il coinvolgimento di questi Paesi in un conflitto diretto e violento» con la Russia, al quale Mosca «risponderà con tutti i mezzi disponibili ». Le «sfumature» che secondo Putin vanno chiarite prima di un ipotetico accordo dunque sono tante, e rendono legittimo chiedersi che cosa resti della proposta emersa da Gedda, alla quale ieri il presidente russo insisteva di aver detto «sì», seppure con un enorme «ma».
«Se cessassimo le ostilità, cosa significherebbe?– ha chiesto infatti il capo del Cremlino riferendosi in particolare alla situazione nel Kursk –. Dovremmo lasciarli andare dopo che hanno commesso numerosi crimini contro i civili? Oppure la leadership ucraina ordinerà loro di arrendersi?». Gli ha fatto eco Andriy Yermak che ha guidato la delegazione di Kiev a Gedda e che non nasconde la marginalità delle volontàò ucraine nei pensieri russi e di Trump: «Noi non accetteremo mai un conflitto congelato». Volodymyr Zelensky ha parlato invece di «manipolazioni da parte di Putin della proposta». È chiaro però che lo zar non accetterà alcuna intesa che non rispetti le posizioni delle forze armate russe sul terreno: « Le truppe russe stanno avanzando praticamente in ogni settore e ci sono tutte le condizioni per accerchiare unità di grandi dimensioni. Cosa accadrà in quei 30 giorni?», ha detto ieri. Putin si è chiesto anche se l’Ucraina continuerà a ricevere armi dall’estero, un punto che resta vago dopo che Trump ha promesso di sospendere gli aiuti militari a Kiev, quindi sostenuto che li avrebbe ripresi.
Quindi ha sollevato la questione del rispetto del cessate il fuoco: «Chi darà gli ordini di cessare le ostilità? Chi deciderà se c’è stata una violazione dell’eventuale accordo? Tutti questi punti devono essere studiati in modo attento e meticoloso», ha concluso Putin, che ha ribadito di voler «porre fine a questo conflitto con mezzi pacifici», ma alle sue condizioni.
La discussione di queste condizioni è cominciata ieri a Mosca fra lo stesso presidente russo e l’inviato Usa Steve Witkoff, e potrebbe continuare con una «telefonata con il presidente Usa», le cui espressioni di amicizia nei confronti di Putin cominciano ad irritare gli americani, convinti in maggioranza (56 per cento) che il loro presidente è «troppo allineato con la Russia».