Landini
Sindacati oggi uniti per il Primo Maggio a Monfalcone, città di confine e sfide, a vent’anni dall’allargamento dell’Europa ad Est. “Costruiamo insieme un’Europa di pace, lavoro e giustizia sociale”, questo lo slogan.
Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, riflette anche sul “pacchetto” lavoro, appena annunciato dal governo Meloni.
«L’ennesimo intervento spot, solo propaganda», dice Landini.
Primo Maggio in piazza con Cisl e Uil in nome dell’Europa, a poco più di un mese dalle elezioni.
Segretario, qual è lo spirito?
«La voglia di costruire un’Europa sociale, non solo di mercato. Significa mettere in discussione le politiche di austerità e la logica dei tagli allo stato sociale. Significa affrontare la transizione ambientale e digitale con un piano straordinario di investimenti per creare lavoro, diritti e pace. Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco e di fermare la corsa folle al riarmo».
Come valuta i 100 euro e gli sgravi annunciati dal governo per giovani, donne e Sud?
«Siamo agli ennesimi interventi spot, già decisi da tempo e illustrati ai sindacati a poche ore dal Consiglio dei ministri. Nessuna misura strutturale per contrastare la precarietà e la povertà, per la salute e sicurezza, per aumentare i salari.
Nulla su politiche fiscali e industriali o per favorire la piena e stabile occupazione. Gli sgravi per le assunzioni avulsi da serie politiche industriali da soli non creano nuovi posti di lavoro, come già dimostrato».
È il sostegno che si aspettava per i lavoratori? Cosa serve?
«Le lavoratrici e i lavoratori non hanno bisogno di propaganda, ma di aumentare realmente i salari e non di marchette elettorali che offrono a pochi qualche decina di euro lordi una tantum. Servono interventi strutturali a partire dal rinnovo dei contratti collettivi di lavoro scaduti e di adeguati finanziamenti per i contratti dei pubblici, dalla scuola alla sanità. Occorre poi una vera riforma fiscale che combatta l’evasione, che prenda le risorse dove sono, tassi profitti, extraprofitti e rendite, e non lasci tutto il peso del fisco sulle spalle di lavoratori dipendenti e pensionati. Le lavoratrici e i lavoratori hannobisogno di un governo che garantisca diritti e tutele 365 giorni l’anno, non di uno spot il Primo Maggio».
Come Cgil state raccogliendo le firme per quattro referendum, anche per abolire parte del Jobs Act. Battaglia superata?
«Non vogliamo tornare al passato, ma guardare al futuro. E il futuro non può essere di precarietà, di riduzione dei diritti, in cui muori lavorando e nel sistema degli appalti non è mai responsabilità di nessuno, come succede ora. Le leggi degli ultimi vent’anni hanno generato un modo di fare impresa sbagliato, che va cambiato perché fondato sulla riduzione dei diritti, dei salari e sulla precarietà».
Cosa proponete?
«Un nuovo sistema legislativo che sostenga la contrattazione collettiva con una legge sulla rappresentanza, la formazione permanente come diritto, un ingresso al lavoro non precario. Bisogna fermare la logica del subappalto a cascata e il folle sistema produttivo che porta alla strage sul lavoro, con 580 mila infortuni e oltre mille morti all’anno.
Vogliamo cambiare il presente, per un futuro di libertà nel lavoro».
Il governo esulta per il record di occupati. Glielo concede?
«Guardiamo ai numeri. Parte di quell’aumento è fatto da over 50 perché hanno bloccato l’uscita dalle pensioni. In Italia ci sono 4 milioni di persone in part-time involontario, 3 milioni di contratti a termine, 7 milioni che non arrivano a 11 mila euro lordi all’anno. L’84% dei contratti attivati l’anno scorso erano precari, stagionali, intermittenti. Una situazione così, che penalizza giovani e donne, non sta più in piedi. Il tasso di occupazione è tra i più bassi d’Europa. Non raccontiamoci storie».
La nuova patente a punti vi piace? Servirà ad aumentare la sicurezza sul lavoro?
«Una presa in giro, per come l’ha strutturata il governo. Noi l’abbiamo chiesta per tutti i settori, non solo l’edilizia, per mettere fuori gioco le imprese che non rispettano le regole, subito e non dopo anni. Ma insisto: va cambiato il modello di fare impresa.
Se tu lasci la logica del subappalto a cascata e non affronti il tema della prevenzione e della formazione, il resto rischia di servire a poco. Siamo un Paese in cui un’azienda ècontrollata ogni 15 anni, se va bene.
Ricordiamo, come ci dice Inail, che la maggior parte degli infortuni e delle morti sul lavoro riguarda lavoratori precari e aziende che lavorano nelle catene di appalto e subappalto».
La sintonia con la Cisl sembra incrinata da tempo. Qual è il margine per tornare all’unità?
«Per il Primo maggio siamo insieme.
Quando scioperiamo con la Uil, lo facciamo anche a sostegno di piattaforme presentate al governo con la Cisl. Se le risposte non ci sono, giusto farlo. Rispettiamo i diversi punti di vista, ma scendere in piazza oggi oltre che un diritto è un dovere».
Il governo ha presentato un Def solo tendenziale, senza soldi per le politiche. Cosa chiedete?
«Quel Def è finto perché il governo non ha voluto dire cosa intende fare prima delle elezioni europee. Prende tempo, quando il debito pubblico è altissimo e non è esclusa una procedura di infrazione dell’Europa sul deficit. Un atte ggiamento irresponsabile».
Ha parlato con il nuovo presidente di Confindustria Orsini?
Cosa mette sul tavolo?
«Lo farò appena sarà formalizzata l’elezione. La prima questione è l’aumento dei salari perché c’è un’emergenza. Poi abbiamo bisogno di una politica industriale vera: il settore manifatturiero nel nostro Paese è a rischio in modo molto serio. Di una legge sulla rappresentanza che nello spirito degli accordi confederali cancelli anche i contratti pirata. Di arginare la precarietà e i subappalti a cascata, di investire seriamente sulla qualità del lavoro, sulla crescita e la dimensione delle imprese e sull’innovazione».
Dopo gli scioperi e le manifestazioni di aprile, andrete avanti con la mobilitazione?
«Non abbiamo intenzione di fermarci. Anzi chiediamo già da adesso al governo che il taglio al cuneo contributivo sia reso strutturale, più risorse per pensioni, lavoro, sanità e l’istruzione pubblica.
Il 25 maggio poi come Cgil saremo a Napoli, con le associazioni laiche e cattoliche della “Via Maestra”, per manifestare contro il progetto dell’autonomia differenziata e per difendere la nostra Costituzione, democratica e antifascista».