Lei ha sempre condannato Hamas. Ora, con questa missiva che ha sottoscritto, tuttavia, sembra guardare più in casa propria?
Non ho cambiato idea, rispetto al passato. Tengo particolarmente all’esistenza di Israele ma non sono per nulla d’accordo con l’operato del premier Benjamin Netanyahu. Ciò che sta facendo a Gaza ha delle conseguenze in Europa, ma a lui non interessa tutto ciò. Le sue scelte hanno suscitato uno tsunami di antisemitismo preoccupante eppure nulla lo ferma.
Nell’appello avete scritto che “la risposta del governo israeliano vi ha sconvolti: Netanyahu, pur di restare al potere, ha iniziato un’azione militare che ha già ucciso oltre 28.000 palestinesi e molti soldati israeliani, mentre a tutt’oggi non ha un piano per uscire dalla guerra e la sorte della maggior parte degli ostaggi è ancora incerta”.
Solo il dialogo può risolvere questo conflitto che non ha proporzioni. Non si possono perdere 28 mila vite: ogni esistenza, di là della fede di ciascuno, è preziosa: l’ho sempre detto e continuerò ad affermarlo. In Israele stanno manifestando contro Netanyahu, chiedono le sue dimissioni ma il premier non lascerà mai il suo incarico perché altrimenti dovrebbe affrontare i processi a suo carico. Terrà il potere finché potrà ma sia chiaro: anche il governo che lo sostiene è colpevole.
Sempre nella lettera-appello è ribadito “che molti ebrei della diaspora non riescono a cogliere la drammaticità del presente e le sue conseguenze per il futuro”.
Netanyahu ha danneggiato gli ebrei della diaspora perché ha ridato vigore all’antisemitismo che non è mai scomparso ed ora è aumentato. Sia chiaro: il primo ministro non eliminerà mai né Hamas, né il movimento Hezbollah né lo jihadismo, temo, invece, che stia distruggendo Israele nato sulle ceneri di Auschwitz.
Oggi si parla di genocidio facendo riferimento al dramma vissuto dagli ebrei con lo sterminio della seconda guerra mondiale. È paragonabile?
No. È utile ricordare quanto accaduto per leggere l’oggi ma la Shoah non è paragonabile a nessun altra cosa. C’è in atto il tentativo di usare termini che rischiano di sminuire ciò che è stato il fascismo, il nazismo, la deportazione. Oggi è diventato difficile prendere la parola perché spesso si finisce per essere mistificati. Nei mesi scorsi in un’intervista al Corriere della Sera dissi ironicamente che dovevamo ringraziare Matteo Salvini e Giorgia Meloni che difendono Israele: quelle parole sono passate come se io fossi davvero grata al ministro e alla premier ma il senso era un altro. Facciamo attenzione all’uso dei termini. Non svuotiamoli del loro senso e significato.