ROMA — Lascia il Partito democratico di Elly Schlein perché «è diventato la casa di una sinistra massimalista figlia della cancel culture americana che non fa sintesi e non dialoga ». Il senatore Enrico Borghi esce dai dem e annuncia il passaggio a Italia Viva di Matteo Renzi, credendo «in un nuovo progetto riformista alternativo alla destra e distinto da questo Pd».
Senatore, perché lascia i dem?
«Le prime scelte di Schlein rappresentano una mutazione genetica: da partito riformista a un partito massimalista di sinistra. Io sono convinto che ci sia invece un elettorato moderato che ha bisogno di una casa. Dobbiamo impedire che vada in porto il progetto di Giorgia Meloni di lanciare una opa sui moderati italiani».
Lei parla di mutazione genetica: non le sembra eccessivo considerando che Schlein si è insediata da poche settimane?
«Ho fatto diverse interviste dopo l’elezione di Schlein e ho posto i temi della sicurezza e della difesa, dei cattolici e dei democratici, di una necessità di una sintesi tra culture. Su questi argomenti non ho ricevuto alcuna risposta e come sappiamo in politica i silenzi contano più delle parole pronunciate. Invece ho sentito parole chiare su un altro versante, e cioè sull’utero in affitto: la segretaria del Pd si è detta favorevole contando, bontà sua, di parlarne con il partito che guida. In questo passaggio ci sono gli elementi della mutazione.
C’è un percorso di omologazione culturale, dettata da poteri esterni, che parla di deboli e poi agevola lo sfruttamento proprio dei più deboli».
A quali “poteri” si riferisce?
«Mi riferisco a una cultura, non parlo certo di complotti da svelare: è una cultura che arriva dagli Stati Uniti.
Un spinta fortissima a parlare di diritti sganciata dai doveri. Aldo Moro parlava di diritti sposati con i doveri. Schlein sostiene la narrazione di una politica anticapitalista e pauperista, ma ricordo che il sistema in cui viviamo, quello occidentale, è l’unico che mette insieme democrazia, politica sociale e diritti».
Ancora su molti temi la nuova segretaria dem non si è espressa. Ci fa degli esempi di questa narrazione?
«Io noto soprattutto i silenzi, ripeto.
Su energia e tecnologia, e parlo anche di sviluppo militare, con chi vogliamo stare? Con le democrazie o con le autocrazie? E, ancora, l’orizzonte di vita che vogliamo organizzare per l’Italia è quello di uno stato mamma, che fa assistenza e debito, oppure cerchiamo di mettere insieme produttività e giustizia sociale? Ma ci rendiamo conto che Schlein non parla più di imprese, di professioni e di partite Iva?»
Pensa che altri possano seguirla in questa scelta?
«La mia è una scelta individuale e non ho parlato con nessuno. Non provoco scissioni e non faccio proselitismo».
Lei aderirà a Italia viva di Matteo Renzi, che da settimane litiga con Carlo Calenda. Crede ancora che si possa costruire il Terzo polo moderato?
«C’è bisogno di rappresentanza politica e non più di personalismi. Se non si organizza uno spazio politico arriveremo a una Meloni che si prenderà un pezzo di mondo riflessivo e cattolico».
Ma Italia viva di Renzi non le sembra un partito personale?
«Se c’è la capacità di costruire politica mettendo le persone dietro l’idea, io penso che Renzi possa insieme ad altre figure contribuire alla nascita di un nuovo soggetto».
Lei è stato indicato dal Pd componente del Copasir: si dimetterà?
«Se fossi stato presidente del Copasir mi sarei dimesso, ma permanendo nella mia condizione di parlamentare di opposizione rispetto la prassi parlamentare e anche il ruolo per il quale sono stato indicato».