Uno è il leader designato, l’altro vuole fare il designatore Le battute, le stoccate, la battaglia su tempi e regole per la nascita di un soggetto unico
ROMA — Quando per caso e necessità, non certo per amore, si sono alleati alle ultime Politiche, è partita una fiorente attività di scommesse: quanto tempo ci metteranno Carlo Calenda e Matteo Renzi a litigare? Quote popolari per chi puntava su una rottura in tempi rapidi. Eppure, a dispetto dei caratteri e dei deludenti risultati del Terzo Polo nelle regioni dove si è votato di recente, i due sono ancora lì. A modo loro, ovviamente.
Il neo cinquantenne Calenda non perde occasione di ricordare che il leader è uno solo e che Renzi non ha incarichi, né ora né nel futuro partito unico dei liberal-democratici. Vero, anche se il ruolo forse più importante, dopo anni trascorsi volontariamente senza galloni, Renzi se l’è ripreso lo scorso autunno: presidente di Italia viva. Decide lui, insomma, se il partito si scioglie e come. L’altro ruolo, direttore del quotidiano Il Riformista , è un imprevisto, del quale Calenda ha comunque appreso solo poche ore prima della conferenza stampa di presentazione dell’avventura giornalistica renziana. Reazione del leader di Azione a caldo: congratulazioni. Reazione di Calenda a freddo, il giorno dopo: «Attenzione ai conflitti di interesse». Una frase che ha fatto imbestialire i renziani.
Quello tra i due è un rapporto sempre sul filo. Nulla di dichiarabile in pubblico, ma tutto molto trasparente. Calenda pensa che la sola presenza di Renzi gli impedisca di sfondare anche nel centrosinistra, Renzi pare avere dubbi che Calenda possa sfondare, in generale. E i suoi sono scatenati. Appena il leader di Azione è stato attaccato da Forza Italia per via di alcune sue dichiarazioni sull’uscita di scena di Silvio Berlusconi, invero equivocate, chi è stato a rimbrottarlo pubblicamente? Il turborenziano Roberto Giachetti. «Capisco l’irritazione di Barelli», ha detto Giachetti dando ragione al capogruppo di Forza Italia. Gli ha replicato subito un ex renziano, Matteo Richetti, numero due di Azione. Funziona così datempo. Ci sarà da divertirsi al congresso di fondazione del partito unico, previsto per l’autunno, anche se un primo atto unitario è stato annunciato per giugno: le assemblee dei due partiti dovrebbero votare la comune carta dei valori e lo statuto con le regole del congresso. Trattativa complicata. Calenda vorrebbe chiudere prima dell’estate i rispettivi tesseramenti. Renzi preferisceche si apra un nuovo tesseramento, così che ognuno possa controllare gli iscritti dell’altro.
E ancora: Calenda vorrebbe celebrare subito un congresso nazionale che lo elegga leader, Renzi punta su un percorso classico: congressi locali a tutti i livelli e solo dopo assise nazionali. Tecnicismi? Nemmeno per idea. Partire dal territorio significa assicurare a Italia viva, che ha unabase più solida, il controllo degli organismi dirigenti. Il che è come dire a Calenda: sei il capo perché noi te lo concediamo. L’impressione è che, se Calenda non accettasse il percorso disegnato da Iv, dovrà rinunciare all’idea di un congresso senza sfidanti veri.
Può saltare il congresso? Difficile, ci sono le Europee nel 2024 e a nessuno dei due soci conviene presentarsida solo. Calenda non ci pensa nemmeno. Renzi, per ora, perché dovrebbe pensarci? Alle Politiche, da partner di minoranza del cartello elettorale, ha eletto più parlamentari di Azione. Alle regionali del Lazio, Italia viva ha preso due consiglieri su due, in Lombardia due su tre, in Friuli pari, ma solo perché non è scattato alcun seggio, la lista del Terzo Polo ha preso meno voti dei No Vax. Ci sono fondate probabilità che alle Europee la scena del sorpasso renziano sugli eletti a Strasburgo si ripeta. Perché Calenda ha più consenso grazie al voto di opinione, ma Iv ha appunto uno zoccolo duro sul territorio. Sono gli ultras renziani, quelli che prenotano con settimane di anticipo ogni nuovo libro dell’ex premier e con tutta probabilità cominceranno a comprare Il Riformista . Renzi si insedierà il 3 maggio, ha già fissato per la sera prima un’ospitata alla striscia serale di Bruno Vespa e per sé immagina soprattutto un ruolo: autore di grandi interviste. Chissà se Calenda può rientrare nel novero.
Cosa succederà dopo le Europee, ovvio, dipenderà dal risultato. La competizione aiuta: non si elegge alcun governo, non c’è il voto utile ed è da sempre la tornata elettorale in cui gli italiani scelgono con maggiore libertà. Certo non si può dire che l’operazione di prosciugamento di Forza Italia proceda come sperato e, con questo clima intorno a Berlusconi, è difficile immaginare quel tracollo su cui da tempo il Terzo Polo ha scommesso. Per ora l’opa sugli azzurri si è limitata all’accoglienza che Azione ha riservato alle due ministre Mara Carfagna e Mariastella Gelmini. Tra i renziani c’è addirittura chi sogna di candidare la prima al congresso, se Calenda dov esse tirare troppo la corda. Molto improbabile, ma rende bene il clima.