Il fondatore di Azione pretende dall’alleato lo scioglimento di Iv. I sospetti di trame con FI. Voci sul possibile ritorno di Carfagna tra i berlusconiani
ROMA — «Ragazzi, io vado dritto come un fuso. Il partito lo faccio anche senza Renzi», dice Carlo Calenda alle sette di sera, riunendo i parlamentari di Azione. La frase racconta bene quale sia lo stato dell’arte nel Terzo Polo. Ieri, per tutta la giornata, sono volati gli stracci fra calendiani e renziani. Divorzio a un passo, più vicino che mai, anche se il crac farebbe perdere al soggetto terzista soldi, consulenti e uffici: né Iv né Azione hanno i numeri per tenere in piedi i gruppi parlamentari, in solitaria. Finirebbero nel catino del gruppo Misto. E forse questo è l’unico appiglio dei pontieri. Ma il filo è esile. Forse si è già spezzato. La sensazione è che stavolta sia più Calenda a voler rompere, stufo delle mosse – lui li chiama «tatticismi» – del quasi ex sodale. E così di prima mattina, l’ex ministro dello Sviluppo fa filtrare alle agenzie stampa una nota anonima e dunque spregiudicata: «Se Renzi continua così, addio al partito unico ». Il braccio destro Matteo Richetti ci mette il carico: «Renzi deve decidere se fare politica o informazione (cioè il direttore del Riformista,ndr ),no a conflitti d’interessi». Partono le repliche dei maggiorenti renziani, in batteria: basta veline anonime, avanti col Terzo Polo, se si arriva alla rottura è colpa di Calenda. Eoff the record aggiungono: Carlo è uno sfasciafamiglie, chiedete a Enrico Letta.
Calenda, con i suoi, non fa nulla per smorzare i toni. Nello sfogatoio di Azione c’è chi ormai dice quanto avrebbe negato fino a qualche giorno fa: «Ma è stato Renzi a far votare ai suoi La Russa presidente del Senato! ». Gli argini sono rotti. L’ex ministro a sera, da Giovanni Floris che suLa7gli chiede se ha rotto con Renzi risponde così: «Ah, boh». Perché, aggiunge, «ho visto attacchi personali nei miei confronti dai dirigenti di Italia viva. Io avevo proposto lo scioglimento di Azione e Iv. Renzi però vuole mantenere Italia viva e non si può fare». Dunque o l’alleanza si fa «sul serio, o non si fa».
Il matrimonio fra i due è sempre stato d’interesse. Dunque tutto si può ridurre alla bozza di contratto che Calenda aveva sottoposto a Renzi tre settimane fa, senza incassarne l’avallo ufficiale. Un documento che prevede lo «scioglimento dei partiti esistenti» e l’iscrizione «del nuovo soggetto al registro dei partiti in tempo per essere ammesso al 2/1000». Tradotto: questione di soldi. L’accordo è lontano. E manca anche su un terzo punto, inserito da Calenda alla voce “principi cardine”: per i dirigenti del partito sarebbe previsto «un codice etico mutuato dall’articolo 2 del codice di condotta dei parlamentari Ue». Che non permette di «ottenere alcun vantaggio finanziario diretto o indiretto » da terzi. Una clausola “anti- Arabia”, dicono in Azione. Altro punto di frizione: le modalità del nuovo tesseramento, dove i renziani sono convinti di prevalere, se si ripartisse da capo. Magari con una candidatura in proprio: Luigi Marattin. Renzi, come detto, riunendo le sue truppe, racconta che se ci sarà lo strappo, non dipenderà da lui: «Non c’è alcun motivo politico, sonoalibi paventati da Azione. I soldi? Abbiamo dato un milione e mezzo, la maggior parte per promuovere il volto di Calenda. Lo scioglimento? È evidente, ma prima dev’esserci un congresso, vero». Per l’ex premier «l’obiettivo restano le Europee, poi se non ci sarà un risultato positivo verrà fatalmente meno il progetto».
Ma per l’ex Rottamatore sono forti anche le sirene a destra. C’è chi racconta che perfino dal San Raffaele, dalla stanza di Berlusconi, sia partito qualche messaggino verso Renzi, che però nega seccamente. E c’è chi interpreta le tensioni tra Renzi e Calenda come una conseguenza di questo pressing insistente, da parte di componenti di FI, per fare del leader di Iv il frontman di una nuova casa dei moderati. Altro segnale: con lo sfaldarsi di Forza Italia, circola l’ipotesi che Mara Carfagna possa tornare tra gli azzurri. E fare magari da testa di ponte per l’approdo di altri.