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23 Giugno 2025È scomparso a 79 anni l’ex agente del Sismi, tessitore di segreti tra massoneria, servizi e finanza nera. Dalla P2 alla strage di Bologna, dal Banco Ambrosiano al caso Cirillo, la storia dell’ombra che attraversò l’Italia
Era ovunque e in nessun luogo. Parlava con cardinali, camorristi, generali, banchieri e terroristi. Con la morte di Francesco Pazienza si spegne la voce dell’uomo che sapeva troppo. E che, per decenni, ha fatto della Repubblica Italiana il suo personale tavolo da gioco. Si è spento il 22 giugno, a 79 anni, all’ospedale di Sarzana, nella val di Magra, in provincia di La Spezia. Gli ultimi anni li ha trascorsi ritirato in una villa sul mare a Lerici, nel Golfo dei Poeti, dove faceva il volontario nella pubblica assistenza. Una fine apparentemente pacifica per un uomo che aveva attraversato – e in parte costruito – le pagine più oscure della storia d’Italia.
L’architetto dell’ombra
Nato nel 1946 a Monteparano, in provincia di Taranto, Pazienza si laurea in medicina alla Sapienza, ma non eserciterà mai la professione. Negli anni Settanta è già a Parigi e poi a New York, dove si costruisce una fitta rete di contatti finanziari e diplomatici. È brillante, manipolatore e ambizioso. Ha intuito che il vero potere non passa per le elezioni, ma per i corridoi riservati dei servizi segreti e delle banche vaticane.
Nel 1979 viene arruolato al Sismi, il Servizio segreto militare italiano. Il suo referente è il generale Giuseppe Santovito, uomo della P2. Pazienza diventa il cervello operativo di quella che i magistrati definiranno una «struttura parallela» all’interno dei servizi: il cosiddetto “Super-SISMI”. Non ufficiale, non trasparente, ma potentissimo.
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La bomba, il depistaggio, la condanna
L’estate del 1980 segna un punto di svolta. Il 2 agosto esplode la bomba alla stazione di Bologna: 85 morti. L’Italia è scioccata. Mentre le indagini si orientano verso l’eversione neofascista, Pazienza, insieme ai generali Musumeci e Belmonte, orchestra un clamoroso depistaggio: fa collocare una valigia esplosiva su un treno diretto a Taranto per alimentare la falsa pista dei terroristi palestinesi.
L’Affare Cirillo: trattare con la Camorra
Poco dopo, nel 1981, un altro mistero: Ciro Cirillo, assessore campano della Democrazia Cristiana, viene rapito dalle Brigate Rosse. A differenza del caso Moro, lo Stato sceglie di trattare. Pazienza si muove in silenzio: entra in contatto con la Camorra di Raffaele Cutolo e gestisce una trattativa che prevede denaro e mediazioni criminali.
Cirillo viene liberato. Pazienza racconta, anni dopo: «Salvai una vita. Non come quelli che dissero no a Moro». Ma dietro l’operazione si sospetta un giro di miliardi di lire. Si parla di un miliardo e mezzo pagato in nero, mai tracciato. C’è chi dice che una parte finì nelle sue mani.
La caduta dell’Ambrosiano
Il colpo più grande arriva nel 1982: il crack del Banco Ambrosiano. Roberto Calvi, il «banchiere di Dio», viene trovato impiccato a Londra. La banca è al collasso, i soldi sono spariti. Pazienza, che ha agito come intermediario tra Calvi, la loggia P2 e il Vaticano, fugge negli Stati Uniti.
Quando viene arrestato a New York nel 1985, con passaporti falsi e carte compromettenti, ha in tasca la verità su uno dei più grandi scandali finanziari della storia repubblicana. Viene estradato nel 1986 e condannato nel 1993 per bancarotta fraudolenta e associazione a delinquere. Nei verbali racconta che parte dei fondi dell’Ambrosiano servivano a finanziare Solidarnosc, l’IRA, i Contras e i gruppi antisandinisti in America Latina. La CIA, secondo lui, sapeva tutto. La Santa Sede anche. Uno dei giudici del processo dirà: «Non avevamo mai visto una mente così organizzata nel crimine».
Il fantasma dell’attentato al Papa
Il mistero è nel suo dna. Ali Ağca, l’attentatore di Giovanni Paolo II, racconta di essere stato interrogato da un funzionario italiano in carcere. Lo descrive, lo identifica: Francesco Pazienza. Lui nega. Ma il sospetto resta. Non è l’unico caso.
Nel labirinto del caso Orlandi, il suo nome appare in più inchieste come figura intermedia tra servizi e Vaticano. Nessuna prova definitiva, ma i suoi rapporti con ambienti religiosi e intelligence internazionale fanno di lui un personaggio costantemente sullo sfondo dei grandi non detti italiani.
La rete: massoneria, Vaticano, CIA
Pazienza non è mai stato formalmente iscritto alla loggia P2, ma per Licio Gelli era «più utile di molti fratelli». Frequenta Roberto Calvi e Flavio Carboni. Ha rapporti con Paul Marcinkus, il potente monsignore che guidava lo IOR, la banca vaticana. È in contatto con ambienti della CIA, della DGSE francese e del Mossad. Ha persino avvicinato la rete del dittatore panamense Manuel Noriega.
Costruisce un sistema personale di intelligence, appoggiato a servizi deviati e finanziato da conti cifrati. Si racconta che avesse una rete di informatori in tutti i continenti e che quando parlava con agenti americani o israeliani, lo facesse «da pari a pari».
Carcere, silenzio e redenzione
Dopo anni di galera – tra Rebibbia, Sulmona e Parma – dal 2007 viene affidato ai servizi sociali. Si ritira a Lerici, dove diventa volontario. Fa l’autista di ambulanze, partecipa a missioni di soccorso durante il terremoto dell’Aquila, dà una mano negli elisoccorsi marini. L’uomo che aveva trattato con Cutolo, “’o Professore”, ora si dedicava ai disabili.
Ma non ha mai chiesto perdono. Ha scritto libri – “Il disubbidiente”, “La versione di Pazienza” – in cui rivendica le sue scelte. «Non ero un agente deviato. Ho solo operato in un Paese che non voleva vedere». In un’intervista del 2018 ha detto: «Io non ho mai tradito. Ho fatto quello che dovevo. E ho pagato anche per chi non è mai stato sfiorato».