Radici fasciste e cameratismo, i giovani nostalgici di Meloni
25 Agosto 2022DAN COLEN Lover, Lover, Lover
25 Agosto 2022il commento
di Giovanni Orsina
I segnali puntano tutti nella stessa direzione: Giorgia Meloni ha il vento in poppa. Ed è un vento che soffia forte. Soffiava ieri al meeting di Comunione e Liberazione. Soffia nei bar in cui si entra casualmente nel corso dei vagabondaggi estivi. Soffia nell’orecchio di quell’amica di sinistra che dice: «ma sai che, quasi quasi…». E soffia, naturalmente, nei sondaggi.
Con un dato ulteriore, rispetto ai sondaggi: che la parte più fluida dell’elettorato, gli elettori che se interrogati oggi rispondono «ancora non so» e decidono magari nelle ultime quarantotto o ventiquattr’ore, se non, addirittura, nella cabina – quella parte dell’elettorato, dal 2013 a oggi, è puntualmente corsa in soccorso del vincitore. Voto nazionale del febbraio 2013: a gennaio la media dei sondaggi indicava il Movimento 5 stelle al 14 per cento, avrebbe preso il 25. Voto europeo del maggio 2014: ad aprile il Partito democratico di Renzi era quotato al 32 per cento, avrebbe raggiunto il 40. Voto nazionale del marzo 2018: a febbraio la Lega era data al 13 per cento e il M5s al 27. Avrebbero raccolto rispettivamente il 17 e il 32. Voto europeo del maggio 2019: per la Lega si prevede il 31 per cento, sarà il 34. Il fatto che abbia funzionato così ieri, ovviamente, non dà la minima garanzia che funzioni così pure domani. Qualche sospetto, però, lo fa venire…
Nel vento che gonfia le vele di Meloni c’è molto di buono ma, temo, ancor più di cattivo. Il buono è quel che ci ha messo lei: anni di militanza, lavoro, serietà, intelligenza politica e fin troppa coerenza. È del tutto lecito che le idee di Meloni dispiacciano – è più difficile negare che meriti di stare dove sta. Ma gli italiani che la voteranno fra un mese lo faranno soltanto in parte per i suoi pregi. Ancor di più lo faranno perché sono disperati, si sentono all’ultima spiaggia, e la leader di Fratelli d’Italia è l’unica che non sia mai stata messa alla prova là dove tutti gli altri lo sono stati, e hanno fallito. È la stessa, identica ragione per la quale, prima di lei, hanno votato per Grillo, Renzi e Salvini: il nuovismo. Ed è una ragione non soltanto sbagliata, ma anche terribilmente dannosa.
Viene da chiedersi, infatti: cari connazionali, ma voi che diamine andate cercando? Perché siete a tal punto disperati da voler cambiare continuamente pilota, senza nemmeno dare il tempo a chi si cimenta di far vedere quel che sa fare? Perché sono piloti mediocri e l’aereo balla, si dirà. Ed è vero, purtroppo, ma l’aereo balla pure perché fuori è turbolento, e poi – soprattutto – è difficile avere buoni piloti se non si dà loro il tempo di imparare. Ci siamo rinchiusi dentro un circolo vizioso, insomma.
Ma pure prendersela coi nostri connazionali sarebbe sbagliato. È da trent’anni, infatti, che nello spazio pubblico italiano si grida alla catastrofe imminente, si descrive un Paese giunto ormai all’ultima spiaggia, s’implora di «fare presto», si delegittima la politica, si predica il nuovismo. E se le classi dirigenti sono a tal punto irresponsabili, come dovrebbero mai comportarsi i poveri elettori? Torna alla mente una considerazione di Elias Canetti: «Corrono via dalle loro stesse metamorfosi. Non rimangono ad assistervi, se le anticipano, preferiscono essere tutto, tranne quello che potrebbero».
È molto probabile che, alla guida del destra-centro, il 25 settembre Meloni vinca. Se lo sarà meritato, come detto, ma avrà anche avuto vita relativamente facile: le sarà bastato stare ferma perché il Paese le cadesse in mano come una pera matura. La parte di gran lunga più difficile, per lei ma anche per chi le si opporrà, verrà dopo: spezzare il circolo vizioso, interrompere le metamorfosi, provare ad avviare un ciclo politico che duri più dello spazio d’un mattino.