La campagna referendaria diventa virale grazie alla mobilitazione dei vip: raggiunte le 500 mila firme Magi : “L’obiettivo è un milione”. Schlein: “Non fermiamoci”. Stop di Meloni: “No a una nuova legge”
ROMA — È un’onda salita dal basso. Trainata da attori, registi, atleti e influencer, che ormai possono più della politica. Rimbalzata di chat in chat per avvicinare un traguardo che a dieci giorni dalla scadenza pareva irraggiungibile. E invece, in meno di 72 ore, il referendum sulla cittadinanza che punta a dimezzare, da 10 a 5 anni di residenza legale continuativa, il termine dopo il quale gli stranieri possono diventare “nuovi italiani”, ha centrato le 500mila firme necessarie a depositare il quesito in Cassazione entro il 30 settembre. Data in cui la finestra per votare nella prossima primavera si sarebbe chiusa per sempre.
E dire che in pochissimi ci credevano quando, il 6 settembre, +Europa insieme a un gruppo di associazioni ha pigiato lo start. Uno sprint certo figlio della piattaforma digitale attivata dal governo per sottoscrivere online le consultazioni popolari. Ma soprattutto della mobilitazione di volti noti della cultura, della musica, dello sport che hanno lanciato video e appelli, diventati subito virali: da Alessandro Barbero a Roberto Saviano, da Zerocalcare ad Anna Foglietta, Matteo Garrone, Malika Ayane, Julio Velasco, senza dimenticare Ghali che con i suoi 4 milioni di follower ha dato una spinta decisiva.
«Questo referendum è l’unico strumento concreto per cominciare a riformare la legge sulla cittadinanza », esulta Riccardo Magi, segretario di +Europa, l’unico partito a risultare tra i promotori del quesito. Legge che tuttavia per Giorgia Meloni è «ottima», interviene la premier a sera, «e questo è dimostrato dal fatto che siamo tra le nazioni europee che ne concede di più, dunque non ravvedo la necessità di cambiarla». Ma Magi insiste: «È una battaglia lungimirante per il Paese, che deve smettere di essere autolesionista e negarsi il futuro. Gli italiano hanno dimostrato di non essere rassegnati al modo ideologico con cui questo governo tratta temi centrali per il nostro avvenire».
Una campagna alla quale le altre forze progressiste si sono accodate solo a risutato acquisito. Straordinaria per l’entusiasmo che ha suscitato. Ben 180mila firme sono infatti arrivate nelle ultime 24 ore, segnala l’istituto Youtrend. Ad aver contribuito di più sono le regioni del Nord: prima la Lombardia con 106 mila firme alle 16.30 di ieri, mentre l’Emilia Romagna è quella che ha registrato maggiori adesioni rispetto alla popolazione (1.166 ogni 100mila abitanti). Seguono Piemonte (1.061) e Lombardia (1.059). Più tiepide le regioni meridionali, a partire dalla Calabria (474), il Molise (506) e la Sicilia (526). Non solo. Esiste «una correlazione positiva fra il numero di firme e la popolazione straniera residente nella regione», conclude l’analisi di YouTrend.
Per i promotori, però, non finisce qui: l’invito è a proseguire con le sottoscrizioni «anche nei prossimigiorni per dare ancora più forza a questa iniziativa popolare». Così da farla pesare pure sul piano politico. Tant’è che «non fermiamoci, continuiamo a firmare!», condivide la sfida la segretaria dem Elly Schlein. Ma siccome «la piattaforma digitale è andat a in tilt» per due giorni di seguito, «il governo si affretti a rimediare», incalza Magi. Obiettivo: un milione di autografi.
A eccezione di Giuseppe Conte rimasto in silenzio, il centrosinistra canta vittoria. «Ancora una volta l’Italia dimostra di essere molto più avanti di chi la governa», scolpisce Nicola Fratoianni. «Bisogna insistere a firmare, anche solo per vedere la destra sempre più in crisi di nervi di fronte a un Paese che non conoscono e si rifiutano di vedere», fa eco l’altra metà di Avs Angelo Bonelli. «Una buona notizia per la nostra democrazia», si unisce al coro il capogruppo di Iv Enrico Borghi.
Ora non resta che aspettare l’esito della raccolta. Due tappe cruciali. Il 15 dicembre, quando la Cassazione deciderà sulla legittimità del referendum. E il 10 febbraio, allorché la Consulta si pronuncerà sulla sua ammissibilità. Se tutto va bene, fra il 15 aprile e il 15 giugno si voterà per decidere la sorte dei “nuovi italiani”. Insieme a quella dell’Autonomia differenziata e del Jobs Act, che quello stesso giorno verranno sottoposti al giudizio degli elettori.