ROMA — Svastiche, scontri, blindati della polizia. I saluti gladiatori e il gesto della P38. La più importante università della Capitale in ostaggio della battaglia tra rossi e neri. Saranno ricordati così i tre giorni della Sapienza, dove le elezioni per il senato accademico hanno fatto ripiombare l’ateneo in un clima da anni Settanta. Vince la lista Sapienza futura, più istituzionale. Seconda Minerva Sapienza, filo Pd. Al terzo posto la lista di destra. Si scrive Azione universitaria ma si legge Fratelli d’Italia, perché a governare i giovani del movimento studentesco sono i rampolli del partito di Giorgia Meloni che, nonostante una campagna elettorale aggressiva, non sono riusciti a entrare nel senato accademico. «Alcuni candidati strappavano il telefono dalle mani delle matricole. E per spiegare come funzionava il voto online, votavano al posto loro. Sono tante le segnalazioni», è la denuncia di Zeudi Iacente, una delle studentesse antifasciste più agguerrite: «Siamo di fronte a forme di squadrismo “gen Z”. In questi giorni abbiamo visto gente che non c’entra nulla con l’università, ma che fa parte di gruppi di estrema destra. Sono ancora gli stessi fascisti del Fuan».
A guidare Azione universitaria è un politico di professione di FdI, Nicola D’Ambrosio, più di 30mila voti alle ultime elezioni europee che non gli sono bastati per andare a Bruxelles. È lui che ieri mattina, fuori dalla facoltà di Economia, ha cercato di sollevare il morale dei suoi, in attesa dello spoglio elettorale. Bandiere tricolori e l’inno di Mameli cantato a squarciagola. «Non dobbiamo vergognarci a essere di destra » e «Fuori i rossi dall’università» gridano dal megafono i militanti che si scambiano il saluto gladiatorio. Niente braccia tese, la parola fascisti, almeno in pubblico, è bandita. «Se il giornalista Parenzo è stato accusato di essere fascista quando è venuto a un nostro incontro, allora anche noi siamo fascisti» è la formula dietro cui si rifugia Giacomo Mollo, a capo di Azione universitaria Sapienza. «Non ci faremo intimidire da quattro scappati dei centri sociali » urlano mentre, a poca distanza, gli studenti di sinistra cercano di raggiungerli in corteo, venendo fermati dalla polizia con qualche manganellata.
Le provocazioni vanno avanti da giorni. Lunedì erano comparse delle svastiche sui manifesti di una lista di sinistra, Cambiare Rotta. Mercoledì lo scontro fuori dalla facoltà di giurisprudenza, dove i collettivi antifascisti hanno allontanato i giovani di destra: «Erano venuti con le cinghie e i caschi» spiega Cambiare Rotta, che sui social ha diffuso le foto incriminate. La replica di Mollo: «Se ci tirano le cose è normale farsi trovare pronti con i caschi».
Giovedì, il secondo round. Studenti antifascisti e giovani di Azione universitaria si sfiorano fuori dall’edificio di Botanica. Mentre la Digos scorta gli studenti di destra, parte un lancio di oggetti. Qualche bottiglietta di plastica, un ombrello e un sasso che ha ferito lievemente un vigilante. Nessuno viene identificato dalla polizia, ma a leggere la nota di Fabio Rampelli, vice presidente della Camera, non si direbbe: «È tornato in cattedra il nazismo rosso, sono riemersi i morti viventi, i katanga de’ noantri ».
Ieri l’epilogo, con la chiusura delle urne. «Azione universitaria sperava di fare il pieno grazie al sostegno del governo — spiega Dafne Tomasetto di Minerva Sapienza — Il loro è stato un tonfo. La scorsa volta erano andati meglio». Quando nel tardo pomeriggio escono i dati, D’Ambrosio è rimasto con pochi fedeli a contare i voti fuori da Economia: «La Digos ci ha detto di andarcene». Un’ora dopo sulla stessa scalinata fanno irruzione gli antifascisti, che chiudono il proprio corteo in quello che fino a poco prima era stato il quartier generale di Azione universitaria. «Fuori i fascisti dall’università» è lo striscione che accompagna circa cento studenti, che strappano i manifesti dei rivali. Un giovane provocatore che grida «zecche di merda» viene messo in fuga. Poi parte il coro: «Mio nonno partigiano me l’ha insegnato, uccidere un fascista non è reato». C’è chi si limita a cantare. Qualcuno alza la mano con le tre dita, il segno della P38: «Li abbiamo cacciati».