Sanità Regioni in rivolta
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5 Aprile 2024Carlo Bonomi doveva fare la «rivoluzione», pompato dai giornaloni come il nuovo messia delle imprese. Invece il suo fragoroso flop ha diviso Confindustria al punto tale che per sostituirlo arriva il carneade emiliano Emanuele Orsini, suo oscuro vice con delega su credito finanza e fisco, designato ieri prossimo leader degli industriali con 147 voti del consiglio generale su 173 votanti, rigorosamente a porte chiuse.
LA LOTTA LIGURE fra il grande petroliere Edoardo Garrone e l’ex presidente di Federacciai Antonio Gozzi è finita nel peggiore dei modi. Colpi bassi, esclusioni e una divisione quasi a metà. Pur di evitare la figuraccia di una elezione sub iudice, i grandi vecchi del triste capitalismo italiano – primo fra tutti l’ex presidente Luigi Abete – hanno confezionato un compromesso al ribasso. Orsini ha in realtà avuto ruoli importanti come presidente di Federlegno e Arredo ma niente di paragonabile alla grandeur che sosteneva di creare Carlo Bonomi con la sua finta gran cassa.
Unico candidato al voto, dopo il passo indietro di Edoardo Garrone alla vigilia, Orsini ora dovrà tentare di ridare fiato a una istituzione oramai in disuso.
Le nove schede bianche e le diciassette schede nulle sono un segnale: «Cercherò di convincere i 26 che non mi hanno votato», ha esordito ecumenico Orsini che cita «tre parole: il dialogo, che vuol dire mettere al centro le imprese; l’identità quindi far sentire l’ultimo nostro associato parte di un progetto; e l’unità, basta con questa cosa aziende grandi e piccole».
L’elezione sarà il 23 maggio con il voto dell’assemblea. La svolta c’è stata con la decisione di Garrone di sacrificare la sua candidatura: «Un atto di grande responsabilità – ha commenta il presidente designato – . Il passo indietro di Edoardo, persona che stimo e rispetto tantissimo, mi ha messo nelle condizioni di poter scegliere la squadra in totale responsabilità per mettere al centro i capitoli del programma e le migliori persone a fianco ai capitoli che andremo a costruire. È l’unico modo per far sì che la squadra della nuova presidenza sia forte».
ORA PERÒ PROPRIO GARRONE e Gozzi si attendono la nomina a vicepresidenti il 18 aprile: sarà la prova del nove per questo sforzo di ricomposizione e coesione.
A Orsini sono arrivate le congratulazioni della premier Giorgia Meloni: «Auguri di buon lavoro a Emanuele Orsini, per questo governo lo Stato deve essere un alleato naturale delle imprese e degli imprenditori. Non faremo mancare disponibilità e dialogo». E nessuno aveva dubbi in materia.
Per il resto è tutto un profluvio di complimenti a Garrone. «Sono contenta perché Confindustria ha ritrovato compattezza e unità: è la cosa più importante dopo una campagna pesante, molto mediatica, complicata», dice la Emma Marcegaglia: «Credo che vada evidenziato che Edoardo Garrone ha fatto un atto importante: ha reso possibile il fatto che ci siamo riuniti».
«Ottimo clima», commenta il gran cerimoniere Luigi Abete: «La decisione di Edoardo Garrone è stata un gesto di alta sensibilità associativa e di grande prospettiva strategica». Che poi elogia anche Gozzi: «Le due persone che avevano raggiunto il maggior livello di consenso avevano entrambe esperienze ed entusiasmo progettuale per poter essere un presidente di Confindustria ottimo per il prossimo quadriennio. Devo segnalare che la votazione ha rappresentato positivamente questa scelta’», si intesta il ruolo di king maker Abete.
LE CRONACHE della mattinanata riportano anche la il forte e lungo applauso, in consiglio generale, tutti in piedi, della platea di industriali. Ma i ben informati spiegano che gli applausi erano più una liberazione «per otto anni in cui Confindustria è caduta molto in basso».
A salvare solo in parte il lascito di Bonomi, piccolo imprenditore del biomedicale, ai suoi consociati ha pensato il governo Meloni. Nonostante l’amore professato dal semi industriale milanese per Mario Draghi, è stata la modifica del Pnrr voluto dal ministro Fitto a regalare alle imprese italiane 15 miliardi di euro a fondo perduto. Gli industriali italiani sono abituati così.