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12 Dicembre 2025Andrea Valdambrini
BRUXELLES
Ucraina/Russia In un quadro legale discutibile, partito l’attacco a Russia e Usa (che se li erano già suddivisi). Il consiglio europeo deciderà il 18 dicembre
Sembra a un passo l’accordo europeo sull’uso degli asset russi, dopo uno stallo durato settimane. La soluzione passa attraverso la scelta di immobilizzare a tempo indeterminato i beni del Cremino, congelati dall’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022 attraverso sanzioni che si rinnovano ogni 6 mesi per voto unanime del Consiglio Ue. Ora però, su proposta della Commissione raccolta dalla presidenza di turno danese del Consiglio, il voto dei rappresentanti dei governi dei 27 paesi Ue potrà essere a maggioranza qualificata.
Una decisione in tal senso potrebbe arrivare già oggi da parte degli ambasciatori dei 27, riuniti in Coreper, che ieri ha avviato la procedura, ponendo come Base legale l’articolo 122 del Trattato (Tfue), il quale permette le decisioni a maggioranza in circostanze di emergenza economica. Che una strada per sbloccare l’impasse si sia avviata, è un conto. Che si tratti davvero di una modalità giuridicamente solida, è tutt’altro che scontato.
Votare a maggioranza toglie di mezzo l’Ungheria di Orban e suoi eventuali alleati filo-Putin, come la Slovacchia. Ma non supera la contrarietà del Belgio, dove la società di servizi finanziari Euroclear custodisce 185 miliardi di euro sul totale dei 210 di asset russi in Europa. Sarebbe singolare che i governi europei decidessero senza o contro il Belgio, il cui premier De Wever ha minacciato ricorso alla Corte di Giustizia Ue – seguito ieri anche da Budapest – qualora si finalizzasse l’ipotesi di tenere il capitale di Mosca a garanzia del «prestito di riparazione per l’Ucraina».
Il leader fiammingo si è detto sempre insoddisfatto dalle garanzie offerte, anche perché pochi paesi a parte la Germania hanno risposto alla richiesta di liquidità e condivisione degli oneri in caso di ricorso russo contro Euroclear. Ieri il suo ministro delle finanze Van Peteghem ha assicurato che il Belgio manterrà un atteggiamento costruttivo.
Non è bastato tuttavia a placare il malumore europeo nei confronti del paese che ne ospita le istituzioni: alla presidenza dell’Eurogruppo i ministri economici della zona euro gli hanno preferito il greco Kyriakos Pierrakakis. Un parziale via libera sui beni russi era invece arrivato dalla Bce. Già preoccupata per le conseguenze sul sistema finanziario e monetario europeo, la presidente dell’Eurotower aveva affermato mercoledì che la proposta avanzata all’inizio di dicembre da von der Leyen è «la più fattibile e coerente con il diritto internazionale ed europeo».
I dubbi però restano. Pur supponendo che nel Consiglio europeo del 18-19 dicembre i leader accordino il via libera de iure, non è detto che de facto il prestito con gli asset russi a garanzia possa davvero essere concesso nei tempi necessari per Kiev, cioè al più tardi a fine marzo. Tra l’altro, per coprire il fabbisogno civile e militare, stimato dall’Fmi in circa 70 miliardi di euro all’anno, l’Ue dovrebbe intanto provvedere un prestito ponte. E perché poi non prendersi la responsabilità diretta di finanziare l’Ucraina, se la causa sta tanto a cuore agli europei? Von der Leyen aveva presentato due opzioni di finanziamento per l’Ucraina, la prima delle quali, centrata su debito comune è stata scartata con l’argomento dell’impossibile raggiungimento dell’unanimità.
Plausibilmente, dopo il passaggio in Coreper, il via libera dei leader la settimana prossima arriverà. Per quanto controverso e in qualsiasi forma raffazzonata si realizzi, il prestito basato sugli asset risponde alle necessità politiche degli europei. Rappresenta la miglior carta da giocare nel negoziato che vede l’Ue ignorata dalla trattativa tra russi e americani. Che quei soldi se li vorrebbero spartire, come già prevedeva il piano in 28 punti, alla faccia di Kiev e di Bruxelles.





