L’ex premier chiude di nuovo al campo largo poi attacca i dem su armi e Ucraina “Non vedo svolte”
MANDURIA (TA) — «Non ci può essere alcuna alleanza con il Pd finché mantiene la sua linea bellicista». Il siluro di Giuseppe Conte a Elly Schlein arriva al termine del dialogo con Bruno Vespa, durante l’incontro con i giornalisti, dopo un crescendo verbale analogo all’escalation che l’ex premier teme per l’Ucraina. Comincia parlando di «dissonanze», poi alza il tiro: «Sulla guerra non vedo assolutamente svolte». Apre solo su salario minimo legale e lotta alle precarietà: «Noto una maggiore sensibilità rispetto alla linea di Renzi». Ma quello che arriva da Manduria, in chiusura di una kermesse che ha visto alternarsi sul palco della masseria Li Reni quasi tutto il governo, è l’attacco finale che rade al suolo il “campo largo” prefigurato ormai un’era fa da Enrico Letta.
L’ex premier pugliese lo dice chiaramente: «Io sono contrario alle alleanze organiche. Cosa significano? Si fa una confederazione, ci si trova a livello di vertice e si stabilisce il gruppo dirigente, dicendo “d’ora in poi siamo un unico organismo indistinto”? No. A noi interessano traiettorie, prospettive, obiettivi e battaglie comuni». Certo, il nemico resta sempre l’esecutivo, l’«arroganza di un governo che non accetta confronti con il Parlamento sul Pnrr». Ma il fronte vero si apre contro l’alleato-concorrente. E il terreno dello scontro è l’Ucraina. Illeader 5s si accalora, parlandone con Vespa: «Lei è davvero convinto che, continuando a dare armi, non abbracceremo un conflitto totale e mondiale, che le truppe fra un po’ arriveranno e semmai scapperà anche l’incidente nucleare? Questo è il tema da porre ai nostri alleati: noi siamo qui a Roma, voi siete un po’ più distanti, a Washington. Ma questa vostra strategia dove ci ha portato fin qui? Ce lo date un ombrello nucleare di copertura?».
Conte si fa più esplicito nella critica al premier ucraino. «Zelensky si sta difendendo e rimane in mimetica. Sta diventando un eroe per il suo Paese. Ma grazie alle nostre forniture. Non può essere lui a decidere in esclusiva, visto che ci stiamo rimettendo noi, con gli impegni finanziari. Noi che dobbiamo rinunciare al welfare per garantire le armi. Non può decidere lui se sedersi al tavolo, come e quando e a quali condizioni, se deve arrivare a Mosca, se deve sconfiggere Putin o no. Lo dico nel rispetto di Zelensky e in appoggio alla popolazione ucraina. Perché tutta questa strategia militare la sta conducendo sulla loro pelle». Chiama alla mobilitazione, l’ex premier: “Venite a Roma in piazza il 17 giugno anche per dire che questa strategia militare funziona». Ma sembra temere che la piazza non risponda. E quando, a fine incontro, una militante gli chiede un impegno ancora maggiore sui temi della pace, lui scherza: «Prendete nome e cognome, vediamo quanti pullman riesce a organizzare».