Prima di tutto, oltre la morte e la virtualità, continua a esserci il corpo, ci dice David Cronenberg nel suo ultimo film The shrouds – Segreti Seppelliti. Shrouds sta per sudari, che qui sono mantelli iper tecnologici, dotati di telecamere interne, che Karsh (Vincent Cassel) ha inventato per avvolgere la moglie amatissima (Diane Kruger) dopo la sua morte e controllarne le mutazioni del fisico. Karsh trasforma l’idea in un’azienda, la GraveTech, che offre lo stesso servizio per altri defunti, con lapidi dotate di schermi che monitorano le spoglie.
Grottesco, necrofilo e macabro, si potrebbe pensare, eppure con questa storia, non priva di ironia sin dalla prima scena – l’incontro di Karsh con una possibile fiamma nel ristorante di lusso annesso al cimitero high tech –, il maestro canadese ci dice qualcosa di nuovo sulla società e anticipa come sempre i tempi. In Videodrome del 1983, in cui lo schermo diventa carne, Cronenberg aveva preconizzato l’avvento dell’avatar, attraverso l’idea di uno spazio incorporeo, dove ipotizzare nuove forme di scambi, di esistenze e di possibilità di comunicazione. Cinque anni prima, in Rabid. Sete di sangue (1977), aveva “inventato” la terapia con le cellule staminali. Ne La mosca (1986) – rifacimento della pellicola di Neumann del 1958 – parlava di codici genetici, i cui studi oggi hanno conquistato il Nobel per la medicina con la scoperta dei micro Rna, mentre la medaglia d’oro del Cnrs è andata all’epigenetica.
Cronenberg, però, non ha mai trascurato la potenza della mente sulla trasformazione del corpo, che nella sua filmografia è forte quanto la tecnologia: A dangerous method (2011) è un omaggio critico, ma grato, alla psicoanalisi. Il suo film forse più citato, e ancora sconvolgente, è Crash (1996), intersezione tra carne e tecnologia: la sensualità dei corpi disegnati dalle cicatrici (come oggi dai tatuaggi) che diventano oggetto di attrazione; l’ossessione per gli incidenti d’auto, come oggi i voyeurs che si assiepano davanti alle lamiere. Nel recente (e faticoso da guardare) Crimes of the future (2022), le asportazioni chirurgiche di nuovi organi di origine tumorale diventavano performance artistiche, in una società in cui l’esecuzione di ferite, tagli e incisioni è un atto di natura erotica.
Anche in The shrouds non mancano le mutilazioni e l’erotismo tra Cassel e Kruger, entrambi eccellenti interpreti. Cassel, in particolare, è molto simile fisicamente a Cronenberg, forse per calcare la vena autobiografica della sceneggiatura, frutto di una scrittura terapeutica dopo la morte della moglie del regista: una riflessione profonda sul senso del dolore e sulla memoria.
Ma il regista del body horror, definizione da lui detestata, va oltre l’analisi intimistica: i sudari di Karsh sono dispositivi cinematografici, che creano un cinema post mortem, un cinema della decadenza, quando il grande schermo è sempre stato una cristallizzazione che ha reso immortali e immutabili attori, paesaggi e scenari. Il film poi sviluppa un’improbabile trama spy con controspionaggio russo e cinese, movimenti ambientalisti compresi, che inquadrano la virtualità come responsabile e il migliore dei veicoli per un fantasioso complottismo. Il proliferare di una società paranoica è agevolato dalla possibilità di avanzare sui social qualsiasi tesi senza conseguenze, che spinge alla ribalta piccoli garibaldini al costo di un click, aiutati dagli algoritmi che selezionano le predilezioni degli utenti incanalandole in un mondo in cui non c’è contraddittorio. Cronenberg tiene poi sempre a conservare una vena mélo e romantica, che nella sua filmografia ha l’apice in Butterfly, in cui Jeremy Irons si innamora di quella che lui crede un’attrice di opera che nella realtà è un attore, ovvero una donna creata da un uomo. Il film è del 1993 e anticipa i temi importantissimi della fluidità sessuale e della transizione di genere.
Su questo argomento è ancora nei cinema un poetico, commovente e dannatamente importante documentario, Gen_ di Gianluca Matarrese, scritto con Donatella Della Ratta. Gen è il suffisso che anticipa parole fondamentali come genetica, genealogia, genere, genoma, genitali, generazione e così via. Matarrese segue all’ospedale Niguarda di Milano (considerato il miglior ospedale italiano e 37esimo al mondo nella classifica di «Newsweek») il dottor Maurizio Bini che ha che fare con una materia delicatissima, al centro di un infuocato dibattito: la fertilità e l’affermazione di genere. Con umorismo, intelligenza e compassione, Bini usa la competenza scientifica e il buon senso e va oltre la politica per un servizio sacrosantamente pubblico. Un grazie va anche ai pazienti che hanno accettato di farsi riprendere.