ROMA — «Il Pd è una grande forza di centrosinistra, non nasce con Elly Schlein. La segretaria dovrebbe tenere in maggior conto che il congresso ci ha consegnato un partito spaccato a metà. È la ragione per cui la minoranza ha accettato di condividere con lei la responsabilità nella gestione del partito». Silvia Costa, ex parlamentare di lungo corso, primi passi nel movimento femminile della Dc, co-fondatrice del Ppi, poi della Margherita, infine del Pd, nella riunione della direzione si è distinta per le critiche al nuovo vertice dem.
Ritiene che Schlein stia calpestando il pluralismo, che è uno dei tratti distintivi del Pd?
«Io capisco e concordo sulla volontà di rinnovare, sia la linea sia la classe dirigente, ma considererei un errore cancellare le culture politiche fondative — mi riferisco al cattolicesimo democratico e al popolarismo — come pure ignorare alcune nostre battaglie, a iniziare dalle misure a sostegno della famiglia e della crescita economica».
Teme il rischio di un eccessivo
spostamento a sinistra?
«È nei fatti. Nella composizione della direzione e della segreteria, peraltro di 20 persone, è stata mortificata la storia e il contributo dei cattolici democratici, da sempre protagonisti nella vita del Paese e del Pd. Non contesto la radicalità delle scelte, ma la tendenza a dare risposte talora massimaliste a questioni complesse».
A cosa di riferisce?
«Basta leggere quel che scrive il sociologo Paolo Segatti per capire che il Pd in questi anni non ha perso sulla sinistra, bensì sui ceti medi, le famiglie impoverite, i giovani costretti a emigrare. Non è stato ritenuto credibile dall’area elettorale centrale, che è quella che dobbiamo recuperare se vogliamo tornare arappresentare un’alternativa a questa destra che nega i valori fondamentali della Repubblica, dall’antifascismo alle politiche di accoglienza».
Schlein non l’ha capito?
«Va evitato lo strabismo politico per cui da un lato si lasciano alla destra tematiche come la denatalità, dall’altro non si rivendicano i successi del Pd su alcune riforme, come l’assegno unico o il taglio del cuneo fiscale, che il governo Meloni ci ha copiato. Dal 2007 abbiamo fatto sbagli, ma anche cose buone.
Bisognerebbe ricordarlo, non tracciare una linea e affermare — come sul termovalorizzatore di Roma — “le ho ereditate, ma la penso diversamente”. Peraltro senzaconfrontarsi né dentro il partito, né con i nostri amministratori».
Anche sulla maternità surrogata?
«Dire “a titolo personale sono a favore di una pratica” che è vietata in Italia, bandita in quasi tutti i Paesi europei e in via di ripensamento pure nei Paesi terzi dov’era legale, mi pare preoccupante. Il Pd, anche in ambito europeo, nonché la Consulta si sono espressi contro la Gpa perché lede la dignità della persona sia sotto il profilo dello sfruttamento delle donne che prestano il loro utero, sia dei diritti del bambino».
Doveva esimersi dall’esprimersi?
«Per la delicatezza del tema avrei preferito che se ne discutesse prima al nostro interno. Senza legittimare surrettiziamente la Gpa. Come pure mi ha sorpreso la presentazione del Ddl sul matrimonio egualitario. Il tema dei diritti civili non può esaurire tutta l’identità del Pd».
La timidezza nel tessere alleanze la convince?
«Sarebbe miope, l’anno prossimo si voterà in molti Comuni e Regioni importanti. E alle Europee i popolari rischiano di saldarsi con la peggiore destra nazionalista. Per evitarlo, bisognerebbe unire subito tutte le culture europeiste e democratiche».