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24 Dicembre 2025
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24 Dicembre 2025Cottarelli: «Dentro questa legge c’è di tutto un po’ Ma l’impatto è basso e la pressione fiscale resta alta»
L’INTERVISTA
«Il problema del ruolo sempre più compresso del Parlamento non riguarda solo la legge di Bilancio. Più risorse sulla sanità, ma parliamo di zero virgola… L’oro “del popolo”? Non cambia niente»
Roma
Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano, quella votata dal Senato è una manovra pensata solo per permettere all’Italia di uscire un anno prima dalla procedura di infrazione del debito?
No, per uscire prima dalla procedura dell’Ue occorre un rapporto tra deficit e Pil inferiore al 3% ma questo limita il deficit, non la dimensione della manovra. Questa è ora di 22 miliardi. Niente impediva di fare una Finanziaria di 40 miliardi, trovando le coperture con un efficientamento della spesa pubblica. Guardando avanti, esserne fuori comunque non significa poter spendere di più, perché i limiti di spesa sono fissati dal programma a medio termine concordato l’anno scorso con le istituzioni europee. Cresce invece la credibilità italiana e si pagheranno tassi di interesse più bassi. Sappiamo poi che ci sarà un aumento della spesa militare, consentito dalla clausola di salvaguardia, ma questo prescinde dal deficit.
Quali sono le misure più rilevanti?
C’è il taglio all’Irpef, positivo anche se non si tratta di molti soldi. Aumenta la spesa per la sanità, c’è un po’ di sostegno per le imprese, qualcosa per le famiglie. Ma se andiamo a guardare la Finanziaria nel suo insieme, con i suoi 22
miliardi di euro è il valore complessivo più basso dal 2014, rispetto al Pil.
Sulla sanità ci sono 7,7 miliardi di euro in tre anni, bastano?
Con queste risorse arriviamo al 6,5% di rapporto tra spesa sanitaria e Pil, il livello piu alto dall’ultima Finanziaria del governo Gentiloni. Ma parliamo di aumenti dello “zero virgola” in un’area in cui i costi tendono a crescere parecchio e quindi l’inflazione è più alta che altrove. Poi dipende sempre da come si spendono i soldi, perché il grado di efficienza varia a seconda delle Regioni. Eventuali risparmi dovrebbero essere reinvestiti, oggi abbiamo soprattutto una forte carenza di infermieri.
Ci sarà una nuova rottamazione, è d’accordo?
No, è la quinta e si va ad aggiungere a vari saldi, stralci e condoni arrivati negli ultimi 10 anni. Oltre a dare un segnale negativo, la rottamazione assorbe un miliardo e mezzo di euro in termini di mancati introiti nel 2026.
Mentre alla fine il “piano casa” potrà contare solo su 200 milioni di euro.
Pochi, è vero, ma rimane il problema di trovare le risorse davanti a una spesa pubblica che supera i mille miliardi. Per tagliare la spesa però serve un mandato popolare che questo governo non ha mai chiesto, così come quelli precedenti. In campagna elettorale d’altronde si promette di tagliare le tasse, non la spesa. La pressione fiscale rimarrà su livelli alti anche nel 2026, il fatto che banche e assicurazioni pagheranno più tasse non significa che questi costi alla fine non ricadranno su famiglie e imprese.
Anche quest’anno lo spazio per la discussione in Parlamento è stato scarso. È il prezzo da pagare per evitare le “mancette” o il segno di un malessere istituzionale?
La questione non riguarda solo la legge di Bilancio, ma il ruolo del Parlamento. E non ingannino alcuni cambiamenti arrivati in corso d’opera, si tratta di un dibattito tutto interno al Governo e soprattutto alla Lega.
È passato invece l’emendamento che attribuisce la proprietà dell’oro di Banca d’Italia al “popolo italiano”. Cosa cambia?
Nulla, i proponenti avevano spiegato che serviva a evitare il rischio che soggetti stranieri si impossessassero dell’oro italiano visto che hanno partecipazioni in banche italiane che partecipano a loro volta al capitale della Banca d’Italia. Ma anche prima non c’era modo per le banche di prendere decisioni sulle riserve auree di Bankitalia.
Nel 2025 l’Italia è cresciuta dello 0,5% e, salvo proroghe, questa è l’ultima manovra con il Pnrr. Questo farà rallentare ancora la crescita?
No, si è esagerata l’importanza del Pnrr su questo fronte. Per aumentare la crescita servono meno burocrazia, meno tasse, un costo minore dell’energia.
Ma per tutto questo servono risorse.
Ridurre la burocrazia non richiede soldi, il taglio delle tasse si può compensare con quello della spesa. Sui costi energetici occorre alleggerire gli oneri di sistema che pesano in bolletta. E poi serve un flusso regolare di migranti che soddisfi il fabbisogno delle imprese.





