ROMA — È la curva più stretta per il governo Meloni. E Giancarlo Giorgetti la affronta prendendo in prestito il casco di Mario Draghi. Il ministro dell’Economia, per difendere la norma che blocca le agevolazioni del superbonus edilizio, legge in conferenza stampa una dichiarazione che l’ex premier («Una persona di cui ho molta stima») fece in Senato il 22 luglio, al tramonto della sua esperienza politica: «Il problema non è il superbonus. Il problema — aveva detto Draghi — sono i meccanismi di cessione che sono stati disegnati. Chi ha disegnato quei meccanismi senza discrimine e senza discernimento, è lui, o lei o loro, i colpevoli di questa situazione per cui migliaia di imprese stanno aspettando i crediti». È la mossa ad effetto, ilcoup de theatre, la citazione che non ti aspetti: così Giorgetti tenta di respingere l’onda di malcontento che fuori dal Palazzo, nel mondo delle imprese, sta montando contro il decreto che ferma bruscamente le cessioni dei crediti e lo sconto in fattura.
In realtà, l’esecutivo di Giorgia Meloni fa quello che Draghi non era riuscito a fare, spesso e volentieri per il dissenso della Lega e di Forza Italia. Una contorsione della storia.
Ma è un passaggio sofferto, che finisce per spaccare comunque la maggioranza, e che si consuma in tutta fretta. Non a caso. Il consiglio dei ministri di ieri pomeriggio era annunciato da tempo, l’ordine del giorno prevedeva la modifica della governance del Pnrr e poco altro. Alle 15,46, tre quarti d’ora prima dell’inizio della seduta, arriva un’integrazione all’elenco delle materie da affrontare. E arrivano «le misure urgenti in materia di cessione di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali». È un blitz. Un modo per comprimere i tempi del dibattito, anche dentro la maggioranza. Per evitare polemiche che rallenterebbero, se non impedirebbero, l’approvazione del decreto.
«Non ne sapevamo nulla, proprio nulla», dirà più tardi il capogruppo di Forza Italia alla Camera Alessandro Cattaneo, sbigottito prima ancora che adirato: «Non so neppure se la presidente Meloni ne fosse a conoscenza… ». In realtà, la premier era stata messa a parte del contenuto della norma. E, seppurrammaricata, ha dato la sua copertura al decreto. Da casa, in collegamento video per l’influenza, detta la linea agli altri membri del governo: «Dobbiamo intervenire, si rischia una voragine nei conti». C’è una cifra, d’altronde, che piega le resistenze: 110 miliardi. È l’ammontare dei crediti d’imposta. Giorgetti la mette sul tavolo e ripete: «Rischiamo di far saltare le casse dello Stato». Gli dà manforteGuido Crosetto che rammenta le «possibili conseguenze sui mercati finanziari». Tutti, durante il consiglio dei ministri, hanno la precisa sensazione di compiere un atto impopolare. E allora l’indicazione della premier è di spiegare bene che «la colpa di questa situazione non è nostra ma di chi ci ha preceduto ». Un riferimento ai 5Stelle e a Giuseppe Conte, a quelle «politiche dissennate» di cui Giorgetti parlerà apertamente davanti ai giornalisti. «C’è qualcuno che è andato in giro a raccontare che si potevano ristrutturare gratis i condomini, una grave mancanza di responsabilità», dice ancora Meloni da remoto ai colleghi di governo. Per evitare eccessivi contraccolpi, si decide di incontrare le associazioni di categoria. Poi arriva il via libera al decreto. All’unanimità. Ma senza peana, senza neppure poche note di commento da parte di esponenti della maggioranza. Anzi, con l’ira sotterranea — neppure tanto — di Forza Italia. «Speriamo di potere approfondire, di capire meglio il decreto: non c’è stato tempo. Vogliamo soluzioni per il pregresso », afferma Cattaneo. Il vicepresidente della Camera Giorgio Mulé dice poche ma sentite parole: «Non si fa così, non è questo il metodo, non va bene». Un altro esponente di spicco di FI gira le decine di messaggi giunti da imprenditori in cui si parla di “tsunami”, di “disastro”, di “indecenza”. E commenta: «Il mondo del centrodestra ci sputerà in faccia». Però, evidentemente, i parlamentari azzurri pensano una cosa e i ministri ne fanno un’altra, visto che in cdm hanno votato il decreto. La curva più difficile, per il centrodestra, è alle spalle. Ma quanta sofferenza, intorno a un atto che trova subito il beneplacito del Quirinale. Con la firma, in serata, di Sergio Mattarella.