Più tasse per tutti (si salveranno soltanto gli evasori)
4 Ottobre 2024Un ministro due anime
4 Ottobre 2024Dai prelievi sugli utili ai bonus. Caccia ai fondi per la manovra. Il Tesoro cerca coperture stabili
Il retroscena
di Mario Sensini
Servono tra 20 e 25 miliardi per il taglio del cuneo e dell’Irpef e per la natalità
ROMA Il principio che ha in testa il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è l’articolo 53 della Costituzione: tutti sono tenuti a contribuire alle spese della Repubblica in funzione della loro capacità contributiva. E oggi c’è bisogno, perché il governo si sta impegnando a ridurre la spesa ed il disavanzo pubblico entro due anni. Nella prossima manovra di Bilancio ci saranno anche maggiori entrate. Più imposte, o comunque un maggior gettito che il comparto produttivo sarà chiamato a dare. Come sarà declinato in pratica il principio dell’articolo 53 è ancora ignoto. Le forme sono tutte da studiare, ma il «contributo» ci sarà e sarà stabile, beneficiando i conti pubblici almeno per il prossimo triennio.
Sarà molto probabilmente un pacchetto articolato di misure, ancora tutte da definire, e anche da questo dipende il possibile gettito dell’intervento, il contributo che le imprese potranno dare alle entrate e alla manovra di finanza pubblica, e che nessuno al ministero dell’Economia si azzarda a stimare. Per la legge di Bilancio del 2025 servono circa 22 miliardi, per la conferma del cuneo fiscale, delle deduzioni per le imprese che assumono e la decontribuzione per le mamme che lavorano, degli sgravi Irpef per i redditi bassi, e magari estenderli, alzare la flat tax e favorire la natalità. Gran parte delle risorse sono già a bilancio. Per l’anno prossimo bisognerebbe trovare tra 5 e 10 miliardi, a seconda delle ambizioni politiche della maggioranza. Non solo con i tagli della spesa pubblica.
Una parte di queste risorse aggiuntive, nei piani di Giorgetti, dovrebbero arrivare dalle imprese che traggono maggiori profitti grazie a condizioni di mercato eccezionali, come le banche quando i tassi aumentavano, le assicurazioni quando le auto con il Covid restavano ferme, e come oggi succede alle imprese che vendono armamenti, che traggono grandi benefici dai conflitti in corso. Visto che anche le piccole e piccolissime imprese con il concordato preventivo biennale si dovranno abituare, dice Giorgetti, «a pagare un po’ di tasse in più», almeno un miliardo e mezzo di euro l’anno in più per la precisione, è giusto che lo facciano anche quelle più grandi che beneficiano di condizioni particolari, ma anche i loro manager.
Tra le ipotesi sul tavolo del Mef ci sono moltissime ipotesi. Quelle finora note sono poche. La possibile modifica al trattamento fiscale delle imposte differite delle imprese, le cosiddette Dta, che danno luogo a crediti di imposta, e che è già stato reso un po’ più restrittivo. C’è anche l’idea di un nuovo intervento sulle stock option, cioè la possibilità offerta ai manager delle imprese quotate di sottoscrivere azioni societarie a prezzi favorevoli. Nel 2010 fu il governo Berlusconi a varare una prima stretta sulle opzioni, stabilendo un’addizionale del 10%, che potrebbe essere ritoccata. Si studiano, anche, meccanismi con cui le banche possano ad esempio anticipare liquidità allo Stato, e una forma di prelievo sulle assicurazioni, a maggior ragione dopo l’obbligo per le imprese di stipulare polizze sulle calamità naturali.
Tutte misure dal gettito incerto, che servirebbero comunque a dare una cifra politica alla manovra di Bilancio, che non potrà fare più di tanto per i redditi più bassi, oltre a confermare le riforme del passato. Per la quadratura dei conti, ha detto Giorgetti, si confiderà soprattutto sul taglio delle spese. Ci sarà una nuova sforbiciata ai ministeri, limitata, ma sicuramente si arriverà a una riforma, con relativi tagli, delle detrazioni fiscali. Per le ristrutturazioni edilizie, ad esempio, si profilano lo stop ai bonus sulle seconde case ed una stretta sull’ecobonus. Per le altre agevolazioni si ipotizzano tetti di spesa massima ed individuali in base al reddito.