Dopo gli eventi di Milano e Orvieto pronti nuovi tour. Tajani: “Noi i veri popolari”. Renzi: serve un contenitore. Schlein: segno di vitalità
ROMA — C’è grande affollamento al centro, una specie di ingorgo. Tutti convinti — i partiti «di ispirazione cristiana » come Forza Italia e i liberal di Azione, ma anche i catto-dem riuniti a Milano o i riformisti del Pd tornati in movimento a Orvieto — di poter rappresentare il mondo cosiddetto moderato. Abitato a destra dai berlusconiani, mentre sul lato opposto si agitano diversi interpreti, molti ancora in cerca di autore. Indecisi se rimanere nella casa madre o dar vita a una Margherita 2.0, la gamba che di fatto manca alla coalizione progressista.
Un fermento mai visto prima. Che ieri ha spinto Antonio Tajani a rivendicare: «Il centro c’è già e si chiama Forza Italia. Noi siamo una forza di ispirazione cristiana», a differenza dei cattolici convocati da Graziano Delrio che «sono solo una corrente del Pd, partito che è socialista», taglia corto il segretario azzurro. «Al centro c’è spazio solo per FI, che intende occupare quello che il centrosinistra ha abbandonato perché non esiste più, esiste solo la sinistra, la parola centro è sparita». Un luogo metafisico dove, secondo Carlo Calenda, «al momento siamo rimasti soltanto noi, considerato che Iv è ormai stabilmente nel campo largo» e i forzisti stanno con Meloni.
Tuttavia, a ben guardare, è intorno a Elly Schlein che si stanno intensificando le manovre tese a metterne in discussione la gestione. Sabato scorso sono state tre le iniziative promosse da esponenti dem per porre all’attenzione della segretaria alcuni temi fin qui, a loro dire, sottovalutati. A Milano, Orvieto e pure a Brescia, dove si sono dati appuntamento Andrea Orlando e Pierluigi Bersani. Movimenti destinati a durare. Intanto Delrio è pronto a bissare, inaugurando un tour dei catto-dem per moltiplicare i luoghi di discussione. E lo stesso farà Energia popolare, il correntone di Stefano Bonaccini. Spiega Simona Malpezzi, coordinatrice per il Nord: «Tutti i momenti di confronto che valorizzano il pluralismo del Pd sono utili. Ricordiamoci che la democrazia si salva attraverso la partecipazione. E noi dobbiamo continuare a parlare dei problemi che le persone vivono ogni giorno, dimostrando che ci siamo e ci occupiamo dei loro bisogni». Perciò, dopo il convegno di novembre a Roma, i riformisti si ritroveranno a Bergamo a febbraio per dibattere di politiche industriali su input di Giorgio Gori. E a marzo replicheranno, probabilmente in Toscana.
Contributi che, per Schlein, «sono un segno di vitalità». Certo, non le sono sfuggiti i richiami a garantire maggiore collegialità, ad ascoltare di più, arrivati da big come Paolo Gentiloni e Romano Prodi. Accompagnati però dal riconoscimentoche con lei il partito è passato dal 14 al 24%. E poiché l’accusa ricorrente è di schiacciare il Pd troppo a sinistra, andrà presto trovata una risposta. Anche per evitare di fornire un alibi a quanti stanno già pensando a un nuovo soggetto di matrice cattolica. A cui sembra guardare Matteo Renzi. «Mai come in questo momento », dice il capo di Iv celebrando l’anniversario dell’Appello ai liberi e forti di don Sturzo, «c’è bisogno di un contenitore che recuperi quei valori, se vogliamo che le prossime elezioni siano davvero aperte e contendibili». Un invito ad abbandonare lanave per tracciare la rotta al centro. Toccherà ora a Schlein provare a scacciare ogni tentazione.