Fabrizio Goria
Meno 33,53 miliardi di dollari in una sola settimana. Wall Street ha vissuto il più significativo deflusso di investimenti degli ultimi tre mesi nei sette giorni appena conclusi. I dati di Lseg Lipper restituiscono una fotografia per cui, a due mesi dall’insediamento del presidente Donald Trump alla Casa Bianca, gli investitori hanno sempre meno fiducia nelle scelte operative di Washington. A pesare sono l’incertezza e i chiari di luna dell’esecutivo, come sottolinea l’ultimo sondaggio tra i gestori globali condotto a marzo da Bank of America. Secondo cui c’è una tendenza consolidata: la fuga dagli Usa per andare verso l’Europa. Nello specifico, la maggiore rotazione di portafoglio dal 1999 a oggi. Il più grande cambio di posizionamento dell’ultimo quarto di secolo. Difesa e infrastrutture in Ue, secondo i banchieri statunitensi, sono le opzioni da scegliere per proteggersi dalla ridefinizione degli equilibri globali. Un’occasione che da inizio anno a oggi ha spostato risorse per circa 40,2 miliardi di dollari da un lato all’altro dell’Oceano Atlantico. Trasferimenti che, secondo Goldman Sachs, non sono ancora terminati. A tal punto che la banca guidata da David Solomon ha rimarcato che «l’Europa è al centro della nostra strategia».
Il 20 gennaio 2025 doveva essere «l’anno dell’Eccezionalismo», secondo i fondi d’investimento più aggressivi e vicini all’Amministrazione Trump. A due mesi di distanza il sentimento del mercato è stato di segno opposto. A rimarcarlo non è stato solo il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, durante l’ultima riunione. Lo è stato il brusco cambio di ordine dei mercati finanziari. Da inizio anno a oggi i listini di Wall Street hanno virato in territorio negativo. Il Nasdaq ha lasciato sul terreno il 7,91%, l’S&P 500 il 3,64% e il Dow Jones l’1,31 per cento. Gli umori degli investitori, tuttavia, non riflettono al meglio ciò che sta avvenendo a livello di «ideologia strategica», come evidenziato da più di un investitore. La crescita economica regge, ma l’incertezza può giocare un ruolo fondamentale nella fiducia di consumatori e imprese. I corsi azionari rappresentano, secondo la Fed, un segnale da non sottovalutare. L’indice S&P 500 è in territorio correttivo, il Nasdaq pure. E non è passato inosservato l’ultimo Global Fund Manager Survey di Bank of America, che è avvenuta una rotazione da record fra le azioni statunitensi e quelle europee. Per la precisione, la più significativa dal 1999. Era il secolo scorso. «Il 39% netto dichiara di sovrappesare le azioni europee rispetto ai mercati globali, in aumento rispetto al 12% del mese scorso e con il maggior sovrappeso dalla metà del 2021. Il 23% netto dichiara di sottopesare le azioni statunitensi, la percentuale più alta dalla metà del 2023, mentre a febbraio il 17% netto dichiarava di essere sovrappesato», ha evidenziato il sondaggio di Bofa. Il massimo da 25 anni, appunto.
Allo stesso tempo, non è solo la banca di Brian Moynihan ad aver raccolto i dubbi dei fondi d’investimento e delle case d’affari. Anche Citi, Goldman Sachs, Morgan Stanley e J.P. Morgan mantengono un approccio «agnostico» e «cautelativo», come sottolineato dagli addetti ai lavori in queste settimane. Tuttavia, le preoccupazioni sull’impatto delle politiche tariffarie statunitensi iniziano a pesare. Maggio, mese cruciale per la rotazione di molti portafogli, è sempre più vicino e l’opinione dominante è che gli Usa, al netto delle posizioni pro-business di Trump durante la campagna elettorale, non forniscono più una relativa certezza per gli investimenti. Durante l’ultima settimana il ritiro dai fondi azionari a stelle e strisce è stato di 33,53 miliardi di dollari. Ma dall’inizio dell’anno la quota, sempre secondo i dati Lipper, arriva a 40,2 miliardi.
Le incognite sono state su ampio spettro. I fondi statunitensi a grande capitalizzazione hanno registrato vendite nette per 27,38 miliardi di dollari, interrompendo una serie di acquisti durata tre settimane. Anche i fondi a piccola capitalizzazione, multi-capitalizzazione e media capitalizzazione hanno registrato deflussi di 3,48 miliardi, 1,42 miliardi e 1,09 miliardi di dollari, rispettivamente. «È una prima scossa di assestamento? No, è un riallineamento marcato. Meno certezze, più fughe», commenta un banchiere di lungo corso. La direzione delle risorse è l’Europa, che oggi convince gli investitori più delle minacce sui dazi.