Nel libro di Luigi Viva c’è un racconto di come l’astrologia veniva tirata in ballo anche per eventuali interventi medici: «Tempio Pausania. L’Agnata. 18 agosto 1992. Ore 00.40 Fabrizio De André prende il suo libro di astrologia nel quale annota le date di nascita delle persone a lui vicine. E all’astrologia si rivolge anche quando deve subire degli interventi, chiedendo che questo avvenga nei giorni e all’ora determinata dagli astri, come successe nel 1991. Fabrizio inforca gli occhiali e inizia a leggere il suo oroscopo. “… Vedi” dice, “una combinazione rara”, probabilmente perché senza prendere in considerazione altri elementi o fattori, già di per se stessa è indicazione di una personalità eccezionale… si tratterà comunque sempre di una realizzazione dell’esistenza, con l’impiego di tutte le facoltà ed energie a disposizione per raggiungere un fine sociale di portata rivoluzionaria, che per adesso non è vero, comunque, ne deriva la necessità di agguerrire la propria forza nella continua lotta, ciò che a sua volta finisce per appianare gli intimi contrasti ed armonizzare tutte le contraddizioni».
C’è un ricordo di Dori Ghezzi sul tema, relativo al rapporto tra Fabrizio De André e Battiato: «Una passione inaspettata che legava i due cantastorie era per l’astrologia: una passione che condividevano, da bravi sofisti, come tutte le cose non legate alla logica. Fabrizio era capace di elaborare un tema natale. Franco ne era affascinato».
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L’uso dei tarocchi fu decisivo per l’uscita dell’album Le nuvole. Ancora Mauro Pagani: «Altro esempio: un disco importante come Le nuvole dovevamo registrarlo nell’86-87, ma lui fece le carte e disse: “No, non va bene, dobbiamo registrarlo nell’88-89”. E così facemmo. Perché gli astri dicevano che avrebbe avuto molta fortuna e in effetti così è stato. Anche perché c’era una grandissima attesa. Credo che sia stato il suo disco più fortunato».
Durante il tour di Mi innamoravo di tutto, la scenografia prevedeva delle grandi figure di tarocchi, di Arcani maggiori, precisamente il Bagatto, la Ruota della Fortuna, il Giudizio, l’Eremita, la Morte, il Carro, il Sole, la Luna, le Stelle. Emilia Pignatelli, la scenografa, racconta: «Ricordo bene l’entusiasmo dell’artista per quella idea costruita schizzo dopo schizzo: la struttura in compensato e, stampate su tela, le carte di un mazzo di tarocchi genovesi del 1800. Passai giorni ad ascoltarlo, seguendo le prove e i suoi ragionamenti e nulla mi è sembrato più vicino al suo mondo di quelle figure così dense di significati». Suo marito era Pepi Morgia, il regista dei concerti di De André.
Un’ipotesi dettagliata della storia raccontata dalla scenografia del tour ha provato a farla Alberto Rivetta, sintetizzata nella frase: «La simbologia intendeva mettere in risalto la precarietà della vita e delle umane tribolazioni suscettibili, come un castello di carte, di crollare improvvisamente».